Tassazione sugli immobili: l’audizione dell’ANCE presso la Commissione Finanze della Camera

Si è svolta il 7 ottobre l’audizione informale dell’ANCE presso la Commissione Finanze della Camera dei Deputati, nell’ambito del ciclo auditivo deliberato sulle tematiche relative alla tassazione sugli immobili.

Il Geom. Giuliano Campana, Vicepresidente ANCE per l’area Economico-fiscale tributaria,  che ha guidato la delegazione associativa, ha evidenziato, in premessa, come il tema fiscale rappresenti uno dei fattori determinanti e spesso l’ostacolo principale allo sviluppo della attività edile. Al riguardo, ha rilevato che la Delega fiscale, che detta i principi generali per una revisione e razionalizzazione del sistema tributario, presenta una lacuna fondamentale: trascura completamente la fiscalità immobiliare, eccezion fatta per l’ennesimo tentativo di gettare le basi per una riforma del catasto, che ha subito una battuta d’arresto proprio perché, così come congegnata, avrebbe determinato un ulteriore aumento del prelievo sugli immobili. Tale lacuna va al più presto colmata rimuovendo la contraddizione tra quella che è oggi la politica fiscale, un mezzo per incrementare il gettito, e quella che invece dovrebbe essere, ossia uno strumento politico di sviluppo industriale.

Il Vicepresidente ha, quindi, ricordato alcuni dati particolarmente significativi (precisando che il documento depositato agli atti contiene un ampio approfondimento economico), sufficienti a sintetizzare gli effetti macroeconomici prodotti fino ad oggi da una politica fiscale, ad avviso dell’ANCE, poco lungimirante. Primo fra tutti, l’effetto dell’imposizione IMU-TASI, che ha determinato un fortissimo incremento della tassazione sul possesso degli immobili, passata da 9,8 miliardi di euro del 2011 (al tempo dell’ICI) a 24 miliardi di euro del 2014 (con il combinato IMU+TASI).

Questa manovra ha portato l’Italia al 3° posto, dopo Francia e Gran Bretagna, nella classifica dei Paesi Europei con maggior prelievo fiscale sulla proprietà immobiliare, aumentata del 111%, rispetto ad un aumento medio del 23% negli altri Stati membri; tanto che, oggi, il monito di Bruxelles di ridurre la tassazione sul lavoro e di aumentare, invece, quella sugli immobili, non è più rivolto all’Italia, anzi, nella sua relazione relativa all’Italia, nel 2015, la stessa Commissione Europea ha riconosciuto che ormai la nostra tassazione sugli immobili è superiore alla media UE.

Ha, altresì, rilevato che, a livello settoriale, l’inasprimento del prelievo non ha fatto altro che amplificare gli effetti già gravi di una crisi senza precedenti, con un sostanziale blocco delle attività, che ha portato alla chiusura delle aziende, anche quelle più strutturate e presenti sul mercato da decenni e alla perdita di 800.000 posti di lavoro.

A fronte di un simile quadroil Vicepresidente ha sottolineato che la proposta del Governo di attuare una manovra immediata di alleggerimento della pressione fiscale gravante sugli immobili, è una misura, non solo opportuna, ma assolutamente necessaria, ribadendo che una strategia fiscale mirata e lungimirante si traduce in crescita economica e in nuovi posti di lavoro.

E’ quindi, passato ad illustrare le priorità per il settore, secondo una linea d’azione da attuare su 2 direttrici fondamentali, differenziate in funzione dell’arco temporale d’intervento e degli obiettivi da perseguire.

Prime fra tutte, una serie di proposte ad impatto immediato, che potrebbero trovare spazio già nella legge di Stabilità per il 2016, con l’obiettivo di incentivare il mercato, indirizzando la domanda verso l’acquisto di abitazioni di nuova generazione; nonché, in un’ottica temporale di medio periodo, invece, alcune modifiche strutturali al sistema fiscale del settore delle costruzioni, anche alla luce della centralità che questo assume nell’economia nazionale.

Sotto il primo profilo, il Vicepresidente ha illustrato alcune misure urgentidirette, innanzitutto, ad incentivare il mercato residenziale e la riqualificazione urbana.

Nello specifico, occorre riconoscere una detrazione pari al 50% dell’IVA pagata sugli acquistidi abitazioni nuove in classe energetica elevata (classe A e B), effettuati fino al 2018.

Tale misura avrebbe il duplice vantaggio, da un lato, di favorire l’avvio di un concreto rinnovamento dello stock abitativo esistente, dall’altro, dicorreggere alcune evidenti sperequazioni, che finiscono per agevolare l’acquisto da privati di immobili usati ed energivori, perché fiscalmente più conveniente rispetto all’acquisto di un’abitazione “green” da un’impresa.

Allo stesso acquirente vorremmo che fosse, poi, riconosciuta anche l’esenzione triennale dall’IMU, dalla TASI o dalla futura “local tax”.

Se poi l’impresa venditrice si rendesse disponibile ad acquistare in permuta l’abitazione usata del compratore, dovrebbe essere a questa garantito un regime di tassazione agevolata, con applicazione, all’atto d’acquisto, delle imposte in misura fissa.

In un’ottica di rigenerazione urbana, risulta, altresì, imprescindibile la definitiva stabilizzazione degli incentivi per il recupero e la riqualificazione energetica, nella misura potenziata, nonché la razionalizzazione del prelievo locale sugli immobili (la futura “local tax”).

A quest’ultimo riguardo, andrebbe introdotta, una volta per tutte, un’imposta unica patrimoniale (IMU o TASI), stabile quanto meno per 3 anni ed integralmente destinata ai Comuni per il finanziamento dei servizi (“service tax”). In proposito, ha altresì, chiarito come non siano più accettabili prelievi di natura patrimoniale sui beni prodotti dalle imprese di costruzione e rimasti invenduti (basta con la TASI sui “beni merce”, come basta con l’IMU e la TASI sullearee edificabili iscritte nei bilanci tra le “Rimanenze”). Si tratta, infatti, di materie prime, che, anche se non ancora utilizzate, sono destinate all’edificazione per la successiva vendita.

Si è, quindi, soffermato sul “rent to buy”, strumento da incentivare, perché consente anche ai giovani di accedere gradualmente alla proprietà della casa. Sul tema, ha evidenziato che per alcune di queste formule contrattuali l’unico vero ostacolo è rappresentato dalla tassazione. L’acquirente, infatti, già al momento della firma del contratto, è costretto ad anticipare tutte le imposte dovute sul trasferimento della proprietà, che però giuridicamente avverrà solo dopo diversi anni. Sarebbe, quindi, equo posticipare il pagamento delle tasse solo al momento del vero trasferimento di proprietà.

Sulle proposte illustrate è già pronto uno studio approfondito in merito agli effetti economici e al gettito derivante dalla loro introduzione.

Passando alle misure di riforma strutturale, in un’ottica temporale di più ampio respiro, il Vicepresidente ha sottolineato che il punto focale della strategia proposta sta nel necessario riconoscimento della specificità fiscale” del settore delle costruzioni, anche alla luce della centralità che questo assume nell’economia nazionale. Occorre, in sostanza, che vengano definitivamente fissati alcuni punti chiave, sui quali fondare ogni scelta di politica fiscale che riguardi l’industria delle costruzioni. Ha, quindi, individuato tre linee guida:

 -eliminazione delle disparità di trattamento fiscale tra chi acquista immobili da impresa (con applicazione dell’IVA) rispetto a chi acquista da privato (con applicazione dell’imposta di registro).

Occorre, al riguardo, razionalizzare il sistema complessivo delle aliquote e delle basi imponibili, sia quando si acquista un’abitazione, sia quando si acquista un capannone. A tiolo esemplificativo, chi acquista la “prima casa” da un privato paga l’imposta di registro con aliquota del 2%, applicata sul “valore catastale”, a fronte di chi acquista da impresa che, invece, sconta l’IVA con aliquota del 4% sull’intero corrispettivo di vendita.

Allo stesso modo, chi acquista un capannone da impresa paga il 22% di IVA , più un 4% di ipotecarie e catastali, cioè il 26% del prezzo di vendita, a fronte del 9% di imposta di registro per chi acquista sul mercato dell’usato.

-Riconoscimento del principio secondo il quale il regime fiscale sugli immobili non deve incidere sui costi di produzione né disincentivare l’investimento.

In questo senso, occorrerebbe ripristinare forme di tassazione fissa nelle acquisizioni di aree, fabbricati e diritti edificatori, finalizzati ad interventi di riqualificazione urbana, oggi sostanzialmente impediti da un prelievo pari al 9 per cento. Andrebbe, altresì, garantita la piena deducibilità degli interessi passivi dipendenti da finanziamenti contratti per la produzione degli immobili, oggi limitata al 30% del ROL (Reddito Operativo Lordo = ricavi – costi), dall’ultimazione dei lavori fino alla vendita del fabbricato. Analogo intervento occorrerebbe con riferimento alla locazione di immobili da parte delle imprese, fiscalmente disincentivata rispetto a quella effettuata da privati. Questi ultimi, infatti, possono contare sulla “cedolare secca” (tassazione al 10% per i canoni concordati o 21% per le locazioni in libero mercato) e sulla detrazione delle spese sostenute per la ristrutturazione dell’immobile, mentre le imprese scontano una tassazione piena del canone di locazione e la sostanziale indeducibilità delle spese di recupero dello stesso.

-Superamento del “vincolo di copertura” sul quale si fonda, ad oggi, la valutazione di ogni proposta normativa in tema fiscale.

In proposito, andrebbe valutata l’introduzione del principio di “impatto economico netto” delle misure, in base al quale ogni proposta normativa in tema fiscale deve essere valutata per l’impatto complessivo che può produrre, ovvero sia in termini di incremento di gettito sia in termini di sviluppo economico (aumento degli investimenti e dei livelli occupazionali). 1 miliardo investito nelle costruzioni genera, infatti, una ricaduta complessiva nell’intero sistema economico di circa 3,7 miliardi di euro ed un aumento di 17.000 occupati di cui 11.000 nelle costruzioni e 6.000 nei settori collegati.

Risulta, quindi, essenziale, in futuro, tener conto degli effetti positivi derivanti dall’utilizzo della leva fiscale per favorire la domanda e quindi nuovi investimenti, come già è stato fatto in passato per le detrazioni sulle ristrutturazioni edilizie.

Il Vicepresidente ha svolto, infine, alcune osservazioni sulla riforma del catasto, rilevando che, se questa non viene indirizzata a correggere le sperequazioni delle attuali rendite, senza incidere ulteriormente sul carico fiscale, potrebbe tradursi in una sovrastima dei valori catastali, soprattutto per i fabbricati di nuova costruzione, che spesso sono già sopravvalutati, con il conseguente aumento dei valori imponibili. Diviene così indispensabile dare attuazione al principio di invarianza di gettito fiscale, che, tuttavia, dovrà essere attuato solo a valle della riforma della fiscalità immobiliare che riduca sensibilmente il livello attuale di prelievo, del tutto insostenibile.