Sviluppo economico e benefici sociali nella riconversione del patrimonio edilizio dismesso di Battipaglia – Convegno, 8 gennaio 2018

Il giorno 8 Gennaio alle ore 9.00 presso l’I.I.S. “Besta-Gloriosi”di Battipaglia (SA), si terrà il convegno/dibattito sul tema:

Sviluppo economico e benefici sociali nella riconversione del patrimonio edilizio dismesso di Battipaglia. Gli esempi dell’ex Tabacchificio ATI Farina di Via Rosa Jemma e dell’area dell’ex Stadio S. Anna.

Il Convegno è stato realizzato delle docenti referenti, le prof.sse Emilia e Rosa Setaro, nell’ambito del progetto di Alternanza Scuola Lavoro che vedrà impegnati gli alunni delle classi VA e VB dell’indirizzo Costruzione Ambiente e Territorio. Si tratta di un convegno/dibattito che parte dalla presentazione di un progetto architettonico e di finanziamento collettivo, per tre essiccatoi dell’ex tabacchificio Farina di Battipaglia,e di  un progetto di rigenerazione urbana del quartiere S. Anna e dell’area dell’ex Stadio S. Anna, realizzati dall’arch. Maria Rosaria Di Filippo, coadiuvata nelle restituzioni fotorealistiche dal grafico Massimo Sabato. Partecipa al convegno come relatrice l’arch. Maria Rosaria Di Filippo, la dott.ssa Rosa Maria Caprino, l’arch. Giovanni Villani della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio per le Provincie di Avellino e Salerno, l’Assessore all’Urbanistica del Comune di Battipaglia.

L’iniziativa è tesa ad evidenziare e diffondere il valore rappresentato dalle strutture dismesse in termini di potenziale ambientale, economico, sociale e culturale che può concorrere concretamente alla promozione del territorio ed alla crescita della comunità.

Il dibattito sarà incentrato sul recupero delle strutture dismesse dell’ex tabacchificio ATI Farina e dell’area dell’ex stadio S. Anna, di significativo rilievo sia da un punto di vista tecnologico-architettonico che urbanistico e sulla definizione della possibile riconversione di questi luoghi in termini di sistema integrato di servizi, ponendo l’attenzione sull’analisi dei bisogni del territorio, cercando di prefigurare scenari di rifunzionalizzazione e di finanziamento della riconversione delle strutture.

In Italia dai dati Istat, risulta che il 3% dell’intero territorio italiano è occupato da aree industriali dismesse. Gli esempi di recupero e ristrutturazioni di successo in Italia non mancano, eppure fatichiamo a trovare opere rivoluzionarie che somiglino alle esperienze estere. A Torino teatri, videoteche hanno riempito il vuoto lasciato da fabbriche di tram, distillerie  e stabilimenti delle Officine Grandi Magazzini. Gli edifici Pirelli a Milano, oggi ospitano l’Università Bicocca.

Musei sono sorti nelle ex miniere di zolfo di Perticara Nuovafeltria. Sono ancora però episodi rari, si preferisce utilizzare ancora quel poco di territorio libero che è rimasto nel nostro Paese, piuttosto che rivalutare zone che sono importanti anche perché raccontano la nostra storia.

Noi vogliamo puntare l’attenzione al recupero delle aree dismesse attraverso la rifunzionalizzazione.  La preesistenza non è un contenitore indifferente che si può riempire a piacimento. Considerare che quando al recupero fisico si accompagna l’individuazione di funzioni caratterizzanti e coerenti, in grado di definire possibili poli d’eccellenza, forse allora le probabilità di riuscita dell’operazione sono reali.

Le aree dismesse in particolare quelle di cui ci occuperemo sono in genere già servite dalle principali opere di urbanizzazione e sono spesso collocate in prossimità di impianti ferroviari o di tratte importanti della rete stradale che ne possono determinare una buona accessibilità, pertanto la restituzione di queste aree alla città può costituire un’occasione importante per il ridisegno del tessuto urbano locale.

Le aree dismesse, allora, intese come segni del passato e, dunque, come componenti di eredità patrimoniali, sono interpretabili anche in una prospettiva di tipo dinamico, nella quale è privilegiato il loro ruolo di risorsa su cui costruire occasioni di sviluppo; di possibili “prese” per la realizzazione di processi di sviluppo locale.

Recuperare un sito dismesso, significa dunque restituire al territorio e alla collettività un’area riqualificata dal degrado fisico e culturale in cui versava. Significa vederla rinascere con nuove funzioni, nuovi obiettivi, facendola rientrare a far parte della storia economica, culturale e sociale locale. I vantaggi sono molti dal risparmio di suolo nelle nostre città, allo sviluppo socio-economico legato ad attività che possono creare sviluppo e occupare addetti, nelle comunità interessate.

Puntiamo quindi a sensibilizzare l’opinione pubblica, dagli studenti alla gente comune, alle istituzioni, al mondo Universitario e agli addetti ai lavori, sul tema del recupero dei siti dismessi presenti nella nostra città, che sono tanti e che rappresentano una risorsa storica, economica e sociale per il territorio e la comunità locale.

Sono beni che vanno valorizzati attraverso investimenti e risorse pubblico-private, in grado di operare un recupero improntato al rispetto della storia e delle caratteristiche tipologiche del manufatto, puntando ad uno sviluppo economico e sociale delle comunità in cui è situato e auspicando un successo anche dal punto di vista commerciale, per gli investitori che vi hanno impegnato molte volte ingenti risorse, rischiando i propri capitali in attività spesso rischiose e all’avanguardia.