Split Payment – Il Governo chiede la proroga fino al 2020

Con lettera alla Commissione Europea dello scorso 7 febbraio, il Ministro dell’economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan, ha ufficializzato la richiesta italiana di proroga triennale dello “split payment” (fino al 31 dicembre 2020), con contestuale ampliamento della platea di soggetti pubblici coinvolti.
 
Con l’avvio della procedura autorizzativa, laddove la richiesta trovasse accoglimento, verrebbero di fatto superati i limiti temporali posti con la Decisione del Consiglio dell’Unione europea n.2015/1401 del 14 luglio 2015, che ha autorizzato l’applicazione, in Italia, del meccanismo della scissione dei pagamenti (cd “split payment”), in base al quale, in caso di cessioni di beni e prestazioni di servizi rese a favore di determinate pubbliche amministrazioni, l’IVA deve essere da queste versata direttamente all’Erario.
 Come noto, infatti, con la suddetta Decisione, l’UE aveva riconosciuto in deroga la possibilità di applicazione del meccanismo per una durata triennale (1° gennaio 2015 – 31 dicembre 2017) non rinnovabile.
 
La limitazione temporale era stata collegata all’introduzione, dal 6 giugno 2014, dell’obbligo di fatturazione elettronica per le prestazioni eseguite nei confronti della P.A. esteso, dal 31 marzo 2015, a tutte le Amministrazioni, ivi compresi gli Enti locali. Considerato che si prevedeva una piena operatività della fatturazione elettronica nell’arco di un triennio, il Governo italiano aveva ritenuto necessaria l’adozione dello “split payment”, da affiancare alla fatturazione elettronica, sempre in funzione antievasione.
 L’istanza di proroga dell’utilizzo del meccanismo fino al 2020 interviene ora a seguito della richiesta, da parte dell’UE, di adottare strategie correttive dei conti pubblici, pena l’avvio di una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia.
 La scelta del Governo di continuare ad utilizzare il meccanismo come strumento di lotta all’evasione in campo IVA tiene conto dei dati sul recupero di gettito raggiunti dallo “split payment” (7,2 miliardi di euro nel 2015, primo anno di applicazione).
 
*****
 
L’applicazione dello “split payment” comporta in capo ai fornitori della PA un ingente credito IVA, in considerazione del fatto che questi non incassano più l’imposta dalle PA cessionarie/committenti mentre la continuano a versare ai propri fornitori.
 Proprio su tali aspetti, si è concentrata da subito l’azione dell’ANCE che, rappresentando le difficoltà delle imprese del settore (tra gli operatori più afflitti dall’introduzione del suddetto meccanismo contabile), ha sollecitato interventi di accelerazione del recupero del credito IVA.
 In tal senso, oltre al diritto al rimborso prioritario per i soggetti che applicano lo split payment, vanno letti gli interventi di semplificazione delle procedure di rimborso dei crediti IVA, attuati dapprima con il D.Lgs. 175/2014 (cd. “decreto sulle semplificazioni fiscali”) e, da ultimo, con il D.L. 193/2016, convertito nella legge 225/2016 (cd. “decreto fiscale”), che ha raddoppiato, da 15.000 a 30.000 euro, la soglia dei rimborsi che possono essere richiesti senza visti di conformità o garanzie fideiussorie.
 In ogni caso, si evidenzia che il credito IVA, oltre ad essere chiesto a rimborso, può essere compensato con altri tributi o contributi dovuti dal medesimo soggetto.

Per una disamina delle modalità di utilizzo del credito, aggiornata con le ultime novità normative e di prassi amministrativa, si rinvia alla recente Guida ANCE, pubblicata sul Portale lo scorso 18 gennaio 2017.