Semplificazioni nel superamento delle emergenze: audizione dell’ANCE
Si è svolta il 5 novembre l’audizione informale dell’ANCE presso la Commissione bicamerale per la semplificazione nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle semplificazione nel superamento delle emergenze.
Il Presidente dell’ANCE, Ing. Claudio De Albertis, che ha guidato la delegazione associativa, ha evidenziato, in premessa, che la riflessione sul tema delle emergenze non dovrebbe essere limitata all’individuazione delle misure da adottare “a valle”,per sopperire ai danni prodotti dall’evento calamitoso, in quanto andrebbe estesa anche alle strategie da adottare “a monte”, al fine di prevenire l’insorgere stesso dell’emergenza, nei limiti del possibile.
Ha, quindi, ricordato che secondo l’ultimo rapporto Ance-Cresme sullo stato del territorio italiano (2012), le aree ad elevata criticità idrogeologica interessano il 9,6% circa della superficie territoriale del Paese, pari a più di 29.500 kmq, e l’82% dei comuni italiani, per un totale di 6.633 Comuni. A partire dalla superficie provinciale esposta ad elevata criticità idrogeologica si stima che la popolazione potenzialmente esposta a rischio è pari a 5,8 milioni di persone (2,4 milioni di famiglie), e gli edifici interessati sono circa 1,3 milioni. Un numero impressionante cui in parte si somma quello, ancor più elevato, dei cittadini e delle famiglie esposti al rischio sismico.
Dal Dopoguerra, ogni anno l’Italia spende circa un miliardo di euro per i danni dovuti ad alluvioni e frane. Dal 2010 ad oggi, questa spesa è triplicata, a causa dell’intensificazione degli eventi catastrofici. Su questo tema, tra l’altro, che la stessa Commissione Europea ha più volte sottolineato, nell’ambito delle procedure di valutazione dei conti pubblici italiani, che il costo degli interventi straordinari post-eventi rischia di mettere a repentaglio il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Unione Europea in materia di rapporto deficit/Pil e debito/Pil.
Il dissesto idrogeologico, quindi, va affrontato in primo luogo con l’avvio di una ordinaria politica di monitoraggio e manutenzione del territorio.
Va data assoluta priorità alla realizzazione delle opere idrauliche a difesa del territorio, tra cui, casse d’espansione fluviale, scolmatori, sistemazione dei torrenti con traverse che devono essere considerate alla stregua di opere strategiche per il Paese.
Occorre far crescere la consapevolezza che la cura e la tutela del proprio territorio sono un’opportunità economica di sviluppo per tutti.
Il Governo anche grazie all’importante azione di sensibilizzazione intrapresa dall’Ance ha compreso l’urgenza di un intervento per la messa in sicurezza del territorio in modo da garantire, in primo luogo, l’incolumità dei cittadini ed evitare, al tempo stesso, gli onerosi interventi ex post, conseguenti ad eventi catastrofici. A tal fine, è stata istituita la Struttura di Missione #ItaliaSicura che ha consentito di rafforzare la governance istituzionale ed accelerare l’utilizzo dei fondi stanziati negli ultimi anni.
E’, pertanto, opportuno ad avviso dell’Ance sottolineare la necessità di definire un quadro finanziario certo per l’avvio del programma pluriennale 2015-2020 da 7 miliardi di euro, indispensabile per consentire la tempestiva realizzazione degli interventi di messa in sicurezza del territorio dal rischio idrogeologico.
Troppo spesso, infatti, i ritardi accumulati nella fase di programmazione hanno giustificato poi l’attivazione di procedure di gara derogatorie per realizzare gli interventi ovvero per intervenire successivamente in fase emergenziale.
Con riferimento alla gestione della fase successiva alle calamità naturali per l’edilizia privata, il Presidente De Albertis ha, altresì, evidenziato come la gestione della fase successiva sia caratterizzata dall’assenza di una normativa generale in tema di procedure edilizie per la ricostruzione di edifici privati crollati o che hanno riportato danni di varia entità. Ogni calamità naturale ha avuto, di fatto, una normativa ed un modello di gestione a se stanti e differenti dalle altre, generalmente in deroga a disposizioni e principi ordinari dell’ordinamento giuridico e spesso caratterizzata da norme che cambiano continuamente.
Al riguardo, ha evidenziato la necessità che a livello statale sia prevista una normativa:
–omogenea e quindi applicabile a tutte le fattispecie conseguenti ad eventi calamitosi, ipotizzando due procedure diverse a seconda dell’entità dell’evento calamitoso: una per grandi calamità e una per piccole calamità;
–organica e quindi in grado di coordinare tutti gli aspetti legati alla ricostruzione;
–stabile e quindi non mutevole nel tempo, come avvenuto invece con le normative emanate per i terremoti dell’Abruzzo e dell’Emilia Romagna che alla fine risultano copiose e stratificate nel tempo.
In relazione al tema della qualificazione dei soggetti esecutori dei lavori privati, ha auspicato l’introduzione di previsioni che garantiscano la qualità delle opere attraverso la selezione degli operatori e la presenza nel processo di ricostruzione di imprese sane, strutturate e che agiscono nella legalità, ritenendo che, per la particolare tipologia di opere e lavori presa in considerazione in questi casi, la qualificazione degli operatori debba costituire in ogni caso un elemento sostanziale e non formale. Al riguardo, nell’individuazione del soggetto esecutore va tenuto conto, oltre che della sua idoneità tecnica, anche della capacità di assicurare l’esecuzione dei lavori appaltati nel minore tempo possibile.
Sotto il profilo strettamente legato alle procedure urbanistico-edilizie, la nuova normativa per le gestione delle emergenze dovrà prevedere i seguenti titoli: comunicazione di inizio attività asseverata (CILA) per lavori di riparazione su immobili colpiti da danni di lieve entità; segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) per lavori di riparazione su immobili colpiti da danni di notevole entità; permesso di costruire nell’ambito di piani di livello attuativo finalizzati alla ricostruzione di ampie porzioni di ambiti urbani, da approvarsi in tempi più rapidi possibili e da legare ad un processo di rigenerazione del patrimonio edilizio esistente, con conseguente dichiarazione di pubblica utilità ed urgenza.
Le procedure urbanistico-edilizie relative alla ricostruzione di edifici crollati o danneggiati in seguito a calamità naturali dovranno essere gestite unitariamente dallo Sportello Unico dell’edilizia quale ufficio di raccordo fra soggetti privati e soggetti pubblici erogatori dei contributi per l’esecuzione dei lavori di riparazione.
Ha, inoltre, rilevato che la normativa che regola in via ordinaria la gestione dei vincoli culturali e paesaggistici, contenuta nel D.lgs. 42/2004, cd. “Codice dei beni culturali”, è difficilmente conciliabile con le esigenze di celerità e semplificazione che dovrebbero caratterizzare le procedure di ricostruzione degli immobili crollati o danneggiati in seguito ad eventi calamitosi.
Infatti, le procedure delineate dal Codice sono molto lunghe e complesse, spesso composte da varie fasi subprocedimentali di competenza di soggetti pubblici diversi, come avviene ad es. nel rilascio dell’autorizzazione paesaggistica (Regione o comune delegato e Soprintendenza).
La nuova normativa organica per la gestione delle emergenze dovrà, pertanto, necessariamente prevedere l’acquisizione di un atto di assenso da parte dell’autorità competente sui vincoli, introducendo però una procedura speciale:
-di competenza di un unico soggetto pubblico preferibilmente di livello locale;
–più snella e celere mediante la riduzione dei termini e della documentazione da allegare alla domanda di autorizzazione e che dovrà essere uguale per tutte le tipologie di interventi di ricostruzione; il parere della soprintendenza se e laddove previsto, si intenderà positivo ove non venga rilasciato nel termine perentorio;
– differenziata a seconda dell’entità dell’evento calamitoso in termini di danni apportati all’immobile: una per grandi calamità e una per piccole calamità;
– eventuale possibilità di definire linee guida il cui rispetto eviterà il rilascio del nulla-osta.
Il Presidente si è, poi, soffermato sul sistema procedurale per la gestione dei rifiuti derivanti dalle calamità naturali, che in alcuni casi, tra l’altro, potrebbero essere trattati come sottoprodotti, con rilevanti benefici anche sotto il profilo ambientale. Le esperienze di questi anni hanno mostrato come sotto questo aspetto manchi un quadro normativo certo ed univoco che consenta alle amministrazioni pubbliche di far fronte efficacemente ad una produzione di rifiuti del tutto inaspettata e soprattutto alquanto diversificata.
Ciò ha costretto il legislatore a predisporre, ogni volta, norme e regole ad hoc, prive di una visione organica della materia, che, proprio per questo, spesso si sono rivelati inadeguati e quindi oggetto di continui e ripetuti “aggiustamenti”.
Altro aspetto critico è quello legato alla tempistica dello smaltimento che soprattutto per i beni privati spesso impatta con altre normative di settore (assicurazioni, sequestri giudiziari ecc.) che di fatto condizionano il superamento della parte emergenziale. Occorre quindi un effettivo coordinamento con la relativa velocizzazione della tempistica.
In ogni caso nell’ambito degli interventi emergenziali e post emergenziali l’esperienza evidenzia la tendenza alla gestione dei materiali come rifiuti piuttosto che al loro immediato utilizzo con conseguenze ambientali ulteriormente negative.
Di recente si è assistito ad un timido tentativo di applicazione della normativa sui sottoprodotti per le terre e rocce, secondo la procedura delineata dal decreto ministeriale 161/2012, relativo proprio alla gestione dei materiali da scavo, al cui interno è definito un iter procedurale apposito, per fronteggiare situazioni di emergenza dovute a causa di forza maggiore.
Con riferimento alla gestione della fase successiva alle calamità naturali per le opere pubbliche, il Presidente ha evidenziato che le uniche emergenze che possano giustificare l’adozione di misure straordinarie e derogatorie rispetto a quelle ordinarie siano quelle dovute a fatti imprevedibili, sostanzialmente riconducibili nel novero delle calamità naturali.
Infatti, troppo spesso si è assistito al ricorso ai meccanismi derogatori o ai commissari straordinari per far fronte a situazioni divenute “emergenziali” solo “a posteriori”, principalmente a causa dell’inerzia politico-amministrativa rispetto ad eventi programmati da tempo.
A questo fine, ha evidenziato la necessità di coordinare i contenuti del disegno di legge delega per l’attuazione delle nuove direttive comunitarie in materia di appalti pubblici, approvato dal Senato ed ora in discussione alla Camera. In particolare, il predetto DDL di delega, nel prevedere la semplificazione e il riordino del quadro normativo vigente in materia di appalti pubblici, sancisce il divieto espresso di affidamento di contratti attraverso procedure derogatorie rispetto a quelle ordinarie e prevede, quale unica eccezione al divieto di ricorso alle deroghe, la sussistenza di “singole fattispecie connesse a particolari esigenze collegate alle situazioni emergenziali”.
Tuttavia nel passaggio del testo dal Senato alla Camera, è venuta meno la specificazione che le situazioni emergenziali debbano essere determinate “da calamità naturali”.
La mancanza di questa precisazione rischia, invero, di rendere troppo vago il concetto di emergenza, potendo rientrarvi anche situazioni di urgenza causate da ritardi colpevoli dell’amministrazione.
Per tali ragioni, andrebbero introdotte misure che, in via ordinaria, consentano di semplificare e velocizzare le procedure di gara, che permettano alle stazioni appaltanti di agire con velocità ed efficienza nell’affidamento dei lavori, senza alcuna deroga in materia di controlli e nel pieno rispetto, pero, dei principi di trasparenza, concorrenza e legalità.
In questo contesto, le specifiche misure di semplificazione potrebbero essere:
-l’utilizzo in via preferenziale del criterio di aggiudicazione al massimo ribasso, con esclusione automatica delle offerte anomale, purchè accompagnato da meccanismi “antiturbativa”:
-evitare l’uso del criterio di aggiudicazione all’offerta economicamente più vantaggiosa per lavori di importo contenuto (pari ad esempio a 2.5 milioni di euro) o comunque, oltre tali importi, solo se presente un livello di adeguata complessità tecnica;
-ritornare ad un sistema di aggiudicazione “bifasico” (oggi, infatti, si passa attraverso tre momenti: l’aggiudicazione provvisoria, definitiva e definitiva efficace);
– rendere la documentazione di gara pienamente accessibile in via telematica.
Si veda precedente del 4 novembre 2015
Si allega il documento con il dettaglio della posizione ANCE consegnato agli atti della Commissione
Allegato – Semplificazioni nel superamento delle emergenze – audizione dell’ANCE