Prime indicazioni sul DL agosto – INL, nota 713/2020

Fornite dall’INL, con l’allegata nota n. 713 del 16 settembre scorso, prime indicazioni[1] in merito alle disposizioni di interesse contenute nel D.L. n. 104/2020, c.d. “Decreto di Agosto”.

In particolare, con riferimento alle misure contenute all’art. 3 “esonero dal versamento dei contributi previdenziali per aziende che non richiedono trattamenti di cassa integrazione”  è stato ricordato che, ai datori di lavoro privati che non richiedono i trattamenti di cui all’art. 1 del decreto (nuovi trattamenti di cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario e cassa integrazione in deroga) e che abbiano già fruito nei mesi di maggio e giugno 2020 dei trattamenti di integrazione salariale di cui agli artt. da 19 a 22-quinquies del D.L. n. 18/2020 (conv. da L. n. 27/2020), è riconosciuto un esonero dal versamento contributivo.

Fermo restando l’obbligo di versamento dei premi e contributi all’INAIL, tale esonero è riconosciuto per un periodo massimo di 4 mesi, fruibili entro il 31 dicembre 2020 per un numero di ore doppio rispetto a quello fruito ai sensi dei citati articoli del D.L. n. 18/2020.

Al riguardo è stato ricordato che tale possibilità è riconosciuta anche ai datori di lavoro ammessi al trattamento di cassa integrazione ai sensi del D.L. n. 18/2020 e che abbiano fruito di periodi di cassa, anche parzialmente, dopo il 12 luglio.

E’ stato, inoltre, evidenziato che la possibilità di beneficiare della agevolazione è condizionata al rispetto del divieto di licenziamento di cui all’art. 14 del decreto stesso. In caso di violazione di tale divieto, viene disposta la revoca dell’esonero con efficacia retroattiva, con impossibilità di presentare la domanda per i trattamenti di integrazione salariale di cui al comma 3.

L’Ispettorato illustra poi le disposizioni riportate all’art. 6 “esonero dal versamento dei contributi previdenziali per assunzioni a tempo indeterminato” con le quali, fino al 31 dicembre 2020, ai datori di lavoro che successivamente all’entrata in vigore del decreto assumono lavoratori subordinati a tempo indeterminato, con esclusione dei contratti di apprendistato e dei contratti di lavoro domestico, è riconosciuto l’esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali a loro carico, con esclusione dei premi e contributi dovuti all’INAIL, per un periodo massimo di 6 mesi decorrenti dall’assunzione e nel limite massimo di un importo pari a 8.060 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile.

Del beneficio non possono godere i datori di lavoro relativamente ai lavoratori che abbiano avuto con la medesima impresa un contratto a tempo indeterminato nei sei mesi precedenti all’assunzione (comma 2), mentre è possibile fruirne nel caso di trasformazione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato. Il beneficio non è espressamente individuato quale “aiuto di Stato”, pertanto non risulta sottoposto all’autorizzazione preventiva della Commissione Europea.

Relativamente, poi, alle previsioni di cui all’art. 8 “contratti a termine” è stato ricordato che, con la modifica operata sull’art. 93 del D.L. n. 34/2020 (conv. da L. n. 77/2020), è consentito, fino al 31 dicembre 2020 ed in deroga all’art. 21[2] del D.Lgs. n. 81/2015, di prorogare o rinnovare contratti a tempo determinato per un periodo massimo di 12 mesi e per una sola volta, nel rispetto del termine di durata massima di 24 mesi, senza necessità delle causali di cui all’art. 19, comma 1, dello stesso D.Lgs. n. 81/2015.

Sul punto, l’Ispettorato ha chiarito che tale disposizione permette altresì la deroga alla disciplina sul numero massimo di proroghe e sul rispetto dei c.d. “periodi cuscinetto” contenuta nell’art. 21 del D.Lgs. n. 81/2015. Pertanto, laddove il rapporto sia stato già oggetto di quattro proroghe sarà comunque possibile prorogarne ulteriormente la durata per un periodo massimo di 12 mesi, così come sarà possibile rinnovarlo anche prima della scadenza del c.d. periodo cuscinetto, sempreché sia rispettata la durata massima di 24 mesi.

E’ stato, inoltre, chiarito che la previsione di una durata massima di 12 mesi della proroga o del rinnovo “agevolato” lascia intendere che il termine del 31 dicembre p.v. sia riferito esclusivamente alla formalizzazione della stessa proroga o del rinnovo. La durata del rapporto potrà quindi protrarsi anche nel corso del 2021, fermo restando il limite complessivo dei 24 mesi.

L’Ispettorato ha, altresì, chiarito che la disposizione, in quanto “sostitutiva” della disciplina previgente, consentirà di adottare la nuova proroga o il rinnovo “agevolato” anche qualora il medesimo rapporto di lavoro sia stato prorogato o rinnovato in applicazione del previgente art. 93 del D.L. n. 34/2020, pur sempre nel rispetto del limite di durata massima di 24 mesi.

In merito, poi, alla previsione di cui al comma 1-bis[3] dell’art. 93, abrogata dall’art. 8, è stato chiarito che la proroga automatica fruita nel periodo di vigenza della suddetta disposizione (18 luglio – 14 agosto) deve essere considerata “neutrale” in relazione al computo della durata massima di 24 mesi del contratto a tempo determinato, anche ai fini di quanto disposto dal nuovo comma 1 dell’art. 93. 

Infine, è stato specificato che il rinnovo del contratto a termine in deroga assistita ai sensi dell’art. 19, comma 3, del D.Lgs. n. 81/2015, oltre il termine di legge di 24 mesi o del diverso termine previsto dalla contrattazione collettiva, resta subordinato al rispetto delle condizioni di cui agli articoli 19, comma 1 e 21 del D.Lgs. n. 81/2015 (cfr. INL nota prot. n. 8120/2019).

Con riferimento, poi, alle misure di cui all’art. 14 – licenziamenti collettivi e individuali per g.m.o.  l’Ispettorato ricorda che, con tale previsione, è stato prorogato quanto già previsto dall’art. 46 del D.L. n. 18/2020, come modificato dall’art. 80 del D.L. n. 34/2020, che aveva disposto il divieto di avvio delle procedure di licenziamento collettivo di cui agli artt. 4 e 24 della L. n. 223/1991 per i cinque mesi successivi all’entrata in vigore dello stesso D.L. n. 18/2020 sospendendo, per il medesimo periodo, quelle avviate dal 23 febbraio e pendenti al 17 marzo u.s.. Era stato altresì previsto il divieto e la sospensione delle procedure pendenti per i licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo.

E’ stato anche specificato che la disposizione di cui all’art. 14 ha, però, prorogato il divieto e la sospensione suddetta esclusivamente in relazione alle seguenti ipotesi:

  • datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito della cassa integrazione di cui all’art. 1 dello stesso decreto;
  • datori di lavoro che non abbiano integralmente fruito dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali di cui all’art. 3 dello stesso decreto.

L’INL rammenta che la disposizione conferma inoltre l’esclusione del divieto per i licenziamenti per cambio appalto ed esclude altresì dal divieto i licenziamenti “motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguenti alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei caso in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni od attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 c.c., ovvero nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo (…)”.

Sono inoltre esclusi dal divieto i licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero quando sia disposta la cessazione dell’attività. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.

È infine riproposta la disposizione già introdotta nel comma 1-bis dell’art. 46 del D.L. n. 18/2020 relativa alla possibilità, da parte del datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, di revocare il recesso dal contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3[4] della L. n. 604/1966, in deroga alle previsioni di cui all’art. 18, comma 10, della L. n. 300/1970, purché contestualmente faccia richiesta del trattamento di cassa integrazione salariale ai sensi degli artt. da 19 a 22-quinquies del D.L. n. 18/2020 (conv. da L. n. 27/2020), a partire dalla data in cui ha efficacia il licenziamento. In tali casi il rapporto di lavoro è ripristinato senza interruzioni e il datore di lavoro è esente da oneri e sanzioni. Tale disposizione, precedentemente limitata ai recessi intervenuti nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 17 marzo 2020, viene estesa ai recessi effettuati in tutto l’anno 2020.

L’Ispettorato ha, infine, chiarito che (salvo eventuali modifiche che potranno intervenire in sede di conversione del decreto legge) il divieto di licenziamento, quale misura di tutela dei livelli occupazionali durante il periodo di emergenziale, sembra operare per il solo fatto che l’impresa non abbia esaurito il plafond di ore di cassa integrazione disponibili e ciò sia quando abbia fruito solo in parte delle stesse, sia quando non abbia affatto fruito della cassa integrazione. In tale ultimo caso, laddove il datore di lavoro non abbia ritenuto di fruire della cassa integrazione, il licenziamento sarebbe in ogni caso impedito dalla possibilità di accedere all’esonero dal versamento contributivo di cui all’art. 3.

Sono state, infine, fornite indicazioni in merito alle disposizioni contenute all’art. 99 – proroga riscossione coattiva che hanno modificato l’art. 68, commi 1 e 2- ter, del D.L. n. 18/2020 e l’art. 152, comma 1, del D.L. n. 34/2020, sostituendo le parole “31 agosto” con le parole “15 ottobre”.

Pertanto, per la “sospensione dei termini di versamento dei carichi affidati all’agente della riscossione”[5], il temine inizialmente fissato al 31 maggio 2020 viene ulteriormente prorogato al 15 ottobre 2020.

I versamenti sospesi devono essere effettuati in un’unica soluzione entro il mese successivo al termine del periodo di sospensione, dunque entro il 30 novembre 2020.

Sul punto è stato ribadito che gli Uffici dovranno procedere in ogni caso alla “formazione dei ruoli e all’affidamento degli stessi all’Agenzia delle Entrate – Riscossione privilegiando i crediti che siano più prossimi alla prescrizione”.

E’ stato, inoltre, specificato che sono ricompresi nella sospensione anche le notifiche delle nuove cartelle e degli invii di altri atti della riscossione. La sospensione riguarda anche la possibilità per l’Agenzia delle Entrate – Riscossione di avviare azioni cautelari ed esecutive, quali fermi amministrativi, ipoteche e pignoramenti. Sono altresì previsti rinvii anche per versamenti delle rate dei piani di dilazione in scadenza tra l’8 marzo e il 15 ottobre 2020. I soggetti interessati dovranno effettuare i pagamenti entro il 30 novembre 2020.