Perdita benefici “prima casa” – Non rileva l’abitabilità

Ai fini della determinazione della superficie utile per stabilire se un‘abitazione sia di lusso e, quindi, esclusa dai benefici “prima casa”, non rileva il requisito dell’abitabilità dei singoli vani.

Questo il principio giurisprudenziale, oramai consolidato, della Suprema Corte pronunciato nella sentenza n. 1173 depositata il 22 gennaio 2016 la quale, con riferimento alla disciplina previgente in materia di abitazioni di lusso, conferma che ai fini del calcolo della superficie utile non rileva il requisito dell’abitabilità.

La vicenda prende le mosse da un avviso di liquidazione con il quale l’Agenzia delle Entrate recuperava le maggiori imposte di registro e ipocatastali, oltre l’applicazione di interessi e sanzioni, relativi all’acquisto di un’abitazione per il quale l’acquirente aveva goduto dei benefici “prima casa”, poi disconosciuti dall’Amministrazione poiché l’immobile veniva qualificato di lusso.

A tal riguardo, si ricorda che la disciplina attuale, valida, tra l’altro, per l’applicazione, in fase di acquisto, delle agevolazioni “prima casa[1] (aliquota IVA del 4%[2], ovvero imposta proporzionale di Registro pari al 2%[3]), prevede una nuova nozione di “abitazione di lusso” sia ai fini IVA che Registro.

In particolare, la possibilità di fruire delle citate agevolazioni è ammessa, ricorrendone tutti i requisiti soggettivi, per l’acquisto di tutte le unità immobiliari a destinazione residenziale accatastale nel Gruppo A, ad eccezione delle abitazioni cd. “di lusso”, intendendosi per tali quelle accatastate nelle categorie A/1 (abitazione di tipo signorile), A/8 (abitazione in villa) e A/9 (castello o palazzo di pregio artistico e storico).

Si ricorda che la nuova nozione di abitazione “di lusso” è stata introdotta, ai fini dell’imposta di Registro, a decorrere dal 1° gennaio 2014 (ai sensi dell’art.1, co.1, secondo periodo, della Tariffa, allegata al D.P.R. 131/1986)[4], e successivamente confermata anche ai fini IVA, a decorrere dal 13 dicembre 2014 (nuovo art.21 della Tab. A, parte III, allegata al D.P.R. 633/1972)[5].

Diversamente, in base alla disciplina previgente, l’abitazione era considerata “di lusso” se rispondente ai criteri di cui al D.M. 2 agosto 1969.

In particolare, l’art. 6 del citato D.M. qualifica come abitazioni di lusso le singole unità immobiliari aventi, tra le altre caratteristiche, una superficie utile complessiva superiore a 240 mq (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchina).

Ai fini della corretta determinazione della superficie utile complessiva e, dunque, dell’applicabilità dei benefici “prima casa”, in mancanza di una definizione normativa, la giurisprudenza ha precisato che nel suddetto calcolo occorre escludere solo gli ambienti indicati nel citato art. 6.

Inoltre, è stato più volte chiarito che la nozione di “superficie utile complessiva” ricomprende anche i vani privi del requisito dell’abitabilità.

Sul punto, la Cassazione con la sentenza n. 1173/2015, accogliente il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha riaffermato il principio secondo cui in tema di imposte di registro, per stabilire se un’abitazione sia di lusso “occorre fare riferimento alla nozione di superficie utile complessiva di cui all’art. 6 del D.M. 2 agosto 1969, in forza del quale è irrilevante il requisito della “abilità” dell’immobile, siccome da esso non richiamato, mentre quello dell’”utilizzabilità” degli ambienti, a prescindere dalla loro effettiva abitabilità, costituisce parametro idoneo ad esprimere il carattere “lussuoso” di un’abitazione”.

 

[1]Per tale si intende l’abitazione per la quale ricorrano, in capo all’acquirente, le condizioni di cui alla nota II-bis dell’art.1 della tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 131/1986.

[2] Per gli acquisti da impresa costruttrice/ristrutturatrice entro 5 anni dall’ultimazione dei lavori di costruzione o recupero, o anche successivamente, su opzione dell’impresa cedente, da esercitare nel rogito (cfr. art.10, co.1, n.8-bis, del D.P.R. 633/1972). In tale ipotesi, l’imposta di Registro e le Ipo-catastali sono dovute in misura fissa pari a 200 euro ciascuna.

[3] Per gli acquisti da privato ovvero da impresa costruttrice/ristrutturatrice in regime di esenzione da IVA.

Come noto, ai fini dell’imposta di Registro, a decorrere dal 1° gennaio 2014 si applicano due sole aliquote (2% acquisto “prima casa” e 9% in tutti gli altri casi) per un importo almeno pari a 1000 euro, e le imposte ipotecaria e catastale sono dovute nella misura fissa di 50 euro ciascuna (cfr. l’art. dell’art.1, co.1, secondo periodo, della Tariffa, allegata al D.P.R. 131/1986 e l’art.26 del D.L. 104/2013, convertito, con modificazioni, nella legge 128/2013).

[4] Cfr. ANCE “Legge di conversione del D.L. 104/2013 – Novità sull’imposta di registro dal 2014” – ID n. 13682 del 12 novembre 2013.

[5] Cfr. l’art.33 del D.Lgs. 175/2014, cd. “Semplificazioni fiscali” e, da ultimo, ANCE “Semplificazioni fiscali: nuova definizione di abitazioni di lusso – C.M. 31/E/2014” – ID n.18956 del 15 gennaio 2015.

 

Perdita benefici “prima casa” – Non rileva l’abitabilità Allegato sentenza n 1173 depositata il 22 gennaio 2016