Paesaggio, urbanizzazione e abusivismo edilizio: nuove indicazioni nel Rapporto BES 2016
Crescono le contraddizioni nell’ambito dell’analisi del benessere a livello nazionale: da un lato, prosegue la politica di riduzione della spesa per la tutela e lo sviluppo del patrimonio culturale nazionale a fronte dello straordinario valore strategico che esso ha per il futuro, anche economico del Paese e, dall’altro, si registra una crescita del tasso di abusivismo a fronte di un territorio strutturalmente fragile ed eccezionalmente ricco di valori storici.
È quanto afferma l’ISTAT nell’ambito del Rapporto Benessere Equo e Sostenibile (BES) in Italia 2016, presentato lo scorso 14 dicembre e volto a fornire un quadro integrato dei principali fenomeni economici, sociali e ambientali che caratterizzano il nostro Paese.
Il Rapporto, nell’ambito delle parti relative a “Paesaggio e patrimonio culturale”, fornisce dati di interesse relativi, tra l’altro, a:
- Patrimonio culturale
L’Italia conserva il primato nella Lista del Patrimonio mondiale dell’Unesco, essendo il Paese con il maggior numero di beni inclusi (51, pari al 4,8% del totale) ed è fuori di dubbio che si colloca tra i primi paesi al mondo per la ricchezza di beni, storici, artistici e paesaggistici. Alla gestione di un patrimonio così importante, tuttavia, sono destinate risorse relativamente scarse: nel 2015 lo Stato ha speso per queste finalità 1,07 miliardi/€ pari allo 0,2% della spesa complessiva delle amministrazioni centrali e allo 0,07 del PIL. La cifra è inferiore del 6,6% rispetto all’anno precedente e negli ultimi anni è andata progressivamente diminuendo.
Il rapporto fornisce anche dati relativi agli immobili vincolati nel 2016 pari a oltre 200.000 e quindi in media pari a 67,6 ogni 100 km2: una densità elevatissima di elementi di valore storico ed artistico, distribuiti capillarmente sul territorio, al punto da costituire un tratto caratteristico del paesaggio italiano. Il carattere diffuso del patrimonio culturale si manifesta anche nella consistenza e nella vitalità del patrimonio edilizio storico: nel 2011 gli edifici abitati costruiti prima del 1919 erano 1,8 milioni (circa il 15% del totale).
- Paesaggio e urbanizzazione
Il Rapporto, con particolare riferimento al paesaggio rurale ne evidenzia l’esposizione all’urbanizzazione delle periferie urbane e lungo le arterie di comunicazione (erosione da urban sprawl rilevata su più del 20% del territorio nazionale) e all’abbandono delle pratiche agricole (oltre 1/3 del territorio, concentrato nelle aree montane dell’entroterra).
- abusivismo edilizio
Un altro fattore di criticità del patrimonio culturale e paesaggistico, ma più in generale del progresso civile della società italiana è il fenomeno dell’abusivismo edilizio, che nonostante la forte contrazione della produzione edilizia degli ultimi anni, registra un deciso rialzo. La crisi economica, infatti, ha avuto un impatto differenziato sulla componente legale e su quella illegale del nuovo edificato: dal 2008 entrambe sono in calo, ma nel 2015 il flusso delle costruzioni ad uso residenziale autorizzate dai comuni si è ridotto del 70,5% rispetto al 2007, mentre quello delle costruzioni realizzate illegalmente soltanto del 35,6%.
Questo significa che una quota rilevante e crescente dell’attività edilizia e del processo di urbanizzazione si svolge senza controllo e al di fuori della legge, denunciando chiaramente difficoltà degli enti locali nella capacità di governo del territorio.
L’abusivismo edilizio, pertanto, nonostante i periodici condoni, continua ad essere una malattia endemica che non si riesce a combattere. A farne le spese sono non solo il territorio e l’ambiente ma anche le imprese che realizzano interventi “regolari”.
Le regole per contrastare l’abusivismo ci sono ma è necessario che vi sia la capacità da parte degli enti locali di controllare il territorio e poi successivamente di far attuare i provvedimenti di demolizione. E’ vero che l’attività edilizia è regolata da una eccessiva quantità di norme, ma è altrettanto vero che troppo spesso il territorio è abbandonato a se stesso e le conseguenze per l’ambiente, ad esempio, in termini di dissesto e di inquinamento, sono immediatamente avvertibili e spesso irreversibili. Nello stesso tempo, proprio in una logica antiabusivismo, occorre rimettere mano, semplificandolo, al sistema delle autorizzazioni del Codice dei beni culturali.