Nuovo Codice/1. Le ultime novità: sparisce la norma anti-ribassi (tetto del 15% alla richiesta di riserve)

Nel testo approvato il 3 marzo l’ente appaltante avrebbe potuto risolvere il contratto in caso di richieste oltre il tetto, la norma è sparita nel testo finale.

Addio alla norma – comparsa nel testo del 3 marzo del Dlgs (approvazione in prima lettura) -che avrebbe imposto un tetto del 15% alle riserve iscritte dall’appaltatore in corso d’opera, tetto oltre il quale l’ente appaltante avrebbe potuto risolvere unilateralmente il contratto. Una norma considerata iniqua e incostituzionale dalle imprese, e viceversa considerata un utile freno ai maxi-ribassi da parte delle stazioni appaltanti.
Una norma che, comunque, scompare del tutto dal testo finale del Codice appalti, andato in Gazzetta il 19 aprile.

Siamo all’articolo 108 del Nuovo Codice, «Risoluzione» del contratto. «Fatto salvo quanto previsto ai commi 1, 2 e 4, dell’articolo 107» (i casi che giustificano una sospensione i lavori, ndr) «le stazioni appaltanti possono risolvere un contratto pubblico durante il periodo di sua efficacia, se una o più delle seguenti condizioni sono soddisfatte:».
Tra le condizioni: modifiche sostanziali che avrebbero richiesto una nuova gara; lavori o servizi supplementari superiori al 50% (articolo 106 c. 7), motivi di esclusione succesivi all’offerta; etc. Nel primo testo del Dlgs approvato dal governo compariva anche questa circostanza: «le riserve iscritte dall’appaltatore superano il 15 per cento dell’importo contrattuale».

La norma nasceva dall’esperienza di maxi-ribassi di questi anni: imprese che vincono le gare con sconti del 30-40% sul prezzo e poi aprono contenziosi sistematici con la stazione appaltante per tentare di recuperare con riserve e varianti in corso d’opera. Una norma preceduta, dal 2014, dall’obbligo delle Pa di comunicare all’Anas tutte le varianti in corso d’opera su lavori di importo superiore a 5,2 milioni di euro.
Se l’impresa avesse iscritto riserve per oltre il 15% (cioè contestato il valore dei Sal per oltre il 15% del valore dell’appalto) l’amministrazione aggiudicatrice avrebbe potuto risolvere unilateralmente il contratto.

Una norma apprezzata dall’Anas, che infatti ora si rammarica della sua cancellazione. «Avrebbe avuto un effetto di detterenza ai maxi-ribassi» commenta Adriana Palmigiano, ex direttore acquisti di Terna, nominata da Armani nel dicembre scorsoDirettore Appalti e acquisti dell’Anas al posto di Leopoldo Conforti. «È stata una sorpresa nel testo finale in Gazzetta».

Soddisfatte invece le imprese. «La norma era evidentemente incostituzionale» commenta ad esempio Giandomenico Ghella, vice-presidente dell’Ance e al vertice di una delle principali grandi imprese italiane (la Ghella Spa). «Non si può – aggiunge – mettere un tetto alla possibilità di chiedere un risarcimento. Se ci sono richieste di costi più alti si può valutare se sono giustificate o meno, ma non mettere un tetto fisso, astratto. Questo è iniquo e incostituzionale. Eravamo tranquilli che la norma sarebbe saltata».(Fonte: Edilizia e Territorio)