Limiti di edificabilità nelle “zone bianche”: legittimo il Testo Unico Edilizia
L’art. 9 del Dpr 380/2001 “Testo Unico Edilizia” disciplina i limiti all’edificazione nelle aree non pianificate perché ubicate in Comuni del tutto privi di strumento urbanistico generale, ovvero perché oggetto di vincoli espropriativi decaduti per decorrenza del termine di 5 anni senza che sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera da realizzare (art. 9, comma 3 Dpr 327/2001 “Testo Unico Espropri”).
Fatti salvi i limiti più restrittivi che possono essere stabiliti dalle Regioni, l’art. 9 comma 1, lett. b) del Dpr 380/2001, fuori dai centri abitati, consente interventi di nuova costruzione nel limite di densità massima fondiaria di 0,03 metri cubi per metro quadrato e, in caso di interventi a destinazione produttiva, la superfice coperta non può comunque superare un decimo dell’area di proprietà.
La Corte Costituzionale nella sentenza n. 84 del 13 aprile 2017 ha dichiarato la legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1, lett. b) nella parte in cui prevede per la realizzazione di insediamenti produttivi “in zone bianche” un doppio limite di volume e di superficie coperta.
A giudizio della Consulta, la norma – finalizzata a stabilire “standard legali” di edificazione per non compromettere il futuro sviluppo del territorio mediante la pianificazione urbanistica e non determinare la totale consumazione del suolo nazionale – rappresenta un principio fondamentale del governo del territorio e non contrasta:
– né con l’art. 117, comma 3, della Costituzione (competenza legislativa concorrente fra Stato e Regioni in materia di governo del territorio) perché lascia comunque uno spazio di intervento alle Regioni nel definire la disciplina di dettaglio, sia pure solo per restringere le potenzialità edificatorie;
– né con l’art. 3 della Costituzione (principio di ragionevolezza) perché l’applicazione del doppio limite di volume e superficie all’edificazione produttiva fino a che non intervenga la pianificazione dell’area è ragionevole in relazione all’obiettivo di non compromettere il futuro sviluppo del territorio non pianificato;
– né con l’art. 41, comma 1 della Costituzione perché la libertà di iniziativa economica privata non deve essere necessariamente garantita in aree non coperte da pianificazione urbanistica.