Legge di stabilità 2016: le misure per l’edilizia privata

La Legge di stabilità 2016 – Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (pubblicata sulla G.U. n. 302 del 30 dicembre 2015, S.O. n. 70) – contiene diverse misure di interesse per il mercato privato delle costruzioni tra le quali si segnalano:

  • la norma, in materia di locazioni, finalizzata a contrastare le clausole o gli accordi in genere che di fatto comportino una deroga alle condizioni in tema di durata del contratto e entità del canone stabilite dalla Legge 431/1998, (art. 1, comma 59);
  • l’abrogazione della norma che stabiliva modalità obbligatorie tracciabili per il pagamento dei canoni di locazione (art. 1, comma 902);
  • l’innalzamento del limite per i pagamenti in contanti da euro 1.000 a euro 3.000 (art. 1, comma 898);
  • l’introduzione del contratto di locazione finanziaria di immobili da adibire ad abitazione principale (art. 1, comma 76-84);
  • la destinazione per gli anni 2016 e 2017 dei proventi dei permessi di costruire e delle sanzioni edilizie da parte dei Comuni per una quota pari al 100% per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale, nonché per spese di progettazione di opere pubbliche (art. 1, comma 737);
  • l’istituzione di un “Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia” e, conseguentemente, di un apposito fondo nello stato di previsione del Ministero dell’economia con una dotazione di 500 milioni/€ per l’anno 2016 (art. 1, comma 974-978).

 Patti contrari alla legge nei contratti di locazione

L’articolo 1 comma 59 modifica e integra l’articolo 13 della legge n. 431/1998 (contenente la disciplina delle locazioni immobiliari ad uso abitativo) sui “patti contrari alla legge”. Il comma 1, che già prevedeva la nullità di qualunque tipo di accordo volto a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato è stato integrato ponendo a carico del locatore l’obbligo di provvedere alla registrazione del relativo contratto di locazione (non è chiaro se la norma si riferisca anche alla registrazione di eventuali accordi aggiuntivi) nel termine perentorio di 30 giorni. Sul punto si ricorda che già la disciplina fiscale, articolo 10 DPR n. 131/1986 prevede che tutti i contratti di locazione immobiliare (in qualsiasi forma stipulati) debbano essere registrati (con modalità cartacea o telematica) presso l’Agenzia delle Entrate entro 30 giorni con la sola eccezione dei contratti di durata inferire a 30 giorni l’anno (stipulati con scrittura privata non autentica o verbalmente). Secondo tale norma (la cui violazione comporta ai sensi del combinato disposto dell’articolo 3 comma 3 del D. Lgs. 23/2011 e articolo 69 del DPR n. 131/1986 l’applicazione di sanzioni amministrative) la registrazione graverebbe su entrambe le parti contrattuali. Si ricorda che anche le spese connesse alla registrazione del contratto di affitto (fatto salvo quanto previsto in materia di cedolare secca) sono a carico, in parti uguali, del conduttore e del locatore. Con diverso accordo il locatore può assumersi il pagamento dell’imposta intera.

La legge di Stabilità interviene a modificare esclusivamente la disciplina civilistica dei contratti di locazione di immobili ad uso abitativo ponendo a carico del solo locatore sia l’obbligo di registrazione sia quello di comunicazione, nei 60 giorni successivi, al conduttore e all’amministratore di condominio della avvenuta registrazione. Non è chiaro se tale modifica abbia effetti puramente civilistici o altresì fiscali. La norma, peraltro non precisa le modalità con cui effettuare tale comunicazione al conduttore e all’amministratore di condominio che comunque si ritiene possa essere effettuata mediante raccomandata con avviso di ricevimento o tramite pec.

Per il resto l’emendamento approvato con la legge di Stabilità appare sostanzialmente riproduttivo di quanto già era previsto dalla Legge n. 431/1998. Si rimanda, infatti, al testo di confronto dell’articolo 13 (prima e dopo la modifica) disponibile in allegato alla news.

Il nuovo comma 5 interviene a disciplinare una particolare situazione giuridica, conseguenza di alcune norme introdotte dal D. Lgs. 23/2011 dichiarate poi incostituzionali. In sintesi, i conduttori che hanno versato, nel periodo intercorso dal 7 aprile 2011 (data di entrata in vigore del richiamato D.Lgs. n. 23 del 2011) al 16 luglio 2015 (data del deposito sentenza n. 119 del 2015 della Corte Costituzionale), il canone annuo di locazione nella misura rideterminata ex lege (triplo della rendita catastale ed adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell’aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo), corrisponderanno un canone di locazione (ovvero un’indennità di occupazione maturata, su base annua) pari al triplo della rendita catastale dell’immobile, nel periodo considerato.

Considerati i riflessi sulle locazioni si segnalano in questa sede:

  • l’abrogazione dell’articolo 12 comma 1.1 DL n. 201/2011 sull’obbligo di pagare i canoni di locazione di unità abitative in forme e modalità che escludano l’uso del contante e ne assicurino la tracciabilità indipendentemente dall’importo (art. 1 comma 902);
  • la modifica del comma 1 art. 49 D. Lgs. n. 231/2007 sull’innalzamento da 1.000 a 3.000 euro  del limite a partire dal quale è vietato il trasferimento di denaro contante effettuato a qualsiasi titolo tra soggetti diversi (art. 1, comma 898).

 

Riqualificazione urbana

Il Governo torna per la terza volta sul tema della riqualificazione urbana, prevedendo un “Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia”. Esso sembra parzialmente sovrapporsi al cd. “Piano periferie”, previsto nella legge di stabilità 2015, il cui termine di presentazione dei progetti è scaduto lo scorso 30 novembre. Con il Decreto legge n. 83/2012  era stato ancor prima  varato il Piano nazionale per le città, nato peraltro a seguito di alcune sollecitazioni e proposte avanzate dall’Ance.

A differenza del Piano periferie, la legge di stabilità prevede un programma “straordinario” per l’anno 2016, rivolto esclusivamente alle città metropolitane e ai comuni capoluogo di provincia e finalizzato alla realizzazione di interventi urgenti per la rigenerazione delle aree urbane degradate attraverso il miglioramento della qualità del decoro urbano e l’accrescimento della sicurezza territoriale.

A tal fine, nello stato di previsione del Ministero dell’economia, è istituito un apposito “Fondo per l’attuazione del Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie”, da trasferire al bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con una dotazione di 500 milioni/€ per l’anno 2016.

Gli enti competenti e, cioè, le città metropolitane e i comuni capoluogo di provincia, avranno tempo fino al 1 marzo 2016 per presentare alla Presidenza del Consiglio i progetti di riqualificazione. Tali progetti dovranno essere redatti e trasmessi sulla base delle indicazioni contenute in un apposito bando che verrà approvato con decreto del Presidente del Consiglio da emanarsi entro il 31 gennaio 2016.

Il decreto definirà in particolare:

–          la costituzione ed il funzionamento del Nucleo per la valutazione dei progetti di riqualificazione presso la Presidenza dei Consiglio;

–          i criteri per la valutazione dei progetti, tra i quali vi sono la tempestiva esecutività degli interventi e la capacità di attivare sinergie tra finanziamenti pubblici e privati;

–          la documentazione da presentare in allegato ai progetti ed il relativo cronoprogramma.

I progetti, selezionati ed individuati con uno o più decreti del Presidente del Consiglio, saranno oggetto di apposite convenzioni o accordi di programma.

 

Gli accordi di programma o le convenzioni dovranno indicare in particolare:

–          i soggetti partecipanti alla realizzazione dei progetti;

–          le risorse finanziarie complessive, comprese quelle a valere sul ricordato Fondo appositamente istituito presso il Ministero dell’economia;

–          i tempi di attuazione dei progetti;

–          i criteri per la revoca dei finanziamenti in caso di inerzia realizzativa.

 

Destinazione dei proventi dei permessi di costruire e delle sanzioni edilizie

La legge di stabilità torna ad affrontare il tema della destinazione dei proventi dei permessi di costruire e delle sanzioni edilizie di cui al Dpr 380/2001, prevedendo che per gli anni 2016 e 2017 i comuni possano utilizzare tali somme per una quota pari al 100% per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale, nonché per spese di progettazione di opere pubbliche.

Restano comunque esclusi da queste destinazioni i proventi derivanti dalle sanzioni pecuniarie previste dall’art. 31 comma 4-bis del DPR n.380/2001 e, cioè, le sanzioni a carico del proprietario e del responsabile dell’abuso, per l’inottemperanza all’ordine di demolizione in caso di interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali. Pertanto rimane confermato che le somme così acquisite sono destinate dai comuni  esclusivamente alla demolizione e rimessione in pristino delle opere abusive e all’acquisizione e attrezzatura di aree destinate a verde pubblico (art. 31, comma 4-ter del Dpr 380/2001).

Non è chiaro il rapporto con la norma che in precedenza (dal 2007 al 2015) prevedeva la destinazione dei proventi dei permessi di costruire e delle sanzioni edilizie per una quota non superiore al 50% per il finanziamento di spese correnti e per una quota non superiore ad un ulteriore 25% per spese di manutenzione ordinaria del verde, delle strade e del patrimonio comunale (Legge 296/2006, Legge 244/2007 e successive modifiche).