La Corte di Giustizia Ue interviene sulle modifiche dei contratti di appalto dopo l’aggiudicazione della gara

La corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata, in via pregiudiziale, sulla modifica dei contratti di appalto dopo l’aggiudicazione della gara. In particolare, ha affermato, con la sentenza C-546/2014, che l’articolo 2 della direttiva 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, deve essere interpretato nel senso che, dopo l’aggiudicazione di un appalto pubblico, a tale appalto non può essere apportata una modifica sostanziale senza l’avvio di una nuova procedura di aggiudicazione. Ciò, anche nel caso in cui tale modifica costituisca una modalità di composizione transattiva comportante rinunce reciproche per entrambe le parti, allo scopo di porre fine ad una controversia sorta a causa delle difficoltà incontrate nell’esecuzione di tale appalto. L’obbligo di ricorrere ad una nuova procedura di gara verrebbe meno solo nel caso in cui i documenti relativi all’appalto prevedano la facoltà di adeguare talune sue condizioni, anche rilevanti, dopo la sua aggiudicazione e fissino le modalità di applicazione di tale facoltà.

Tale decisione è in linea con la giurisprudenza della Corte, secondo cui il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza che ne deriva ostano a che, dopo l’aggiudicazione, l’amministrazione aggiudicatrice e l’aggiudicatario apportino alle disposizioni di tale appalto modifiche tali che dette disposizioni presentino caratteristiche sostanzialmente diverse rispetto a quelle dell’appalto iniziale. Ciò poiché se tali modifiche fossero state previste nei documenti della procedura originaria, avrebbero potuto essere accolte altre offerte oppure avrebbero potuto essere ammessi offerenti diversi (v., in tal senso, sentenza del 19 giugno 2008, pressetext Nachrichtenagentur, C‑454/06, EU:C:2008:351, punti da 34 a 37).

Tuttavia, aggiunge la Corte, il caso sarebbe diverso se tale modifica fosse stata prevista dalle clausole dell’appalto iniziale. Infatti, sebbene il rispetto del principio della parità di trattamento e dell’obbligo di trasparenza debba essere garantito anche riguardo agli appalti pubblici particolari, ciò non impedisce all’amministrazione di prevedere espressamente, nei documenti di gara, la facoltà di adeguare talune condizioni, anche importanti, dopo l’aggiudicazione. Prevedendo esplicitamente tale facoltà e fissandone le modalità di applicazione in detti documenti, l’amministrazione aggiudicatrice garantisce che tutti gli operatori economici interessati a partecipare a tale appalto ne siano a conoscenza fin dall’inizio, e si trovino dunque in condizione di parità nel momento della formulazione dell’offerta (v., per analogia, sentenza del 29 aprile 2004, Commissione/CAS Succhi di Frutta, C‑496/99 P, EU:C:2004:236, punti 112, 115, 117 e 118).

Quindi, conclude la Corte, in mancanza di tali previsioni, la necessità di applicare le stesse condizioni a tutti gli operatori economici richiede di avviare una nuova procedura di aggiudicazione in caso di modifica sostanziale dell’appalto pubblico (v., per analogia, sentenza del 29 aprile 2004, Commissione/CAS Succhi di Frutta, C‑496/99 P, EU:C:2004:236, punto127).

Sentenza_C_546_14_Finn_Frogne