Decadenza dal bonus 1° casa, venditore corresponsabile se mancano i requisiti

In caso di decadenza dai benefici “prima casa” per carenza dei requisiti oggettivi dell’immobile, ad esempio perché considerata di lusso, il venditore è solidalmente responsabile del pagamento della maggiore imposta di registro dovuta.
Questo il principio affermato dalla Suprema Corte di Cassazione, nella sentenza n. 24400 del 30 novembre 2016, in materia di agevolazioni “prima casa” che, in forza dell’art. 57 del D.P.R. n. 131/1986, sancisce la responsabilità solidale del venditore quando la revoca dei benefici dipende da una situazione oggettiva, non imputabile alla parte acquirente.
La questione prende le mosse da una cartella di pagamento, impugnata dal venditore, emessa a seguito di un avviso di liquidazione, con il quale l’Amministrazione finanziaria aveva revocato l’agevolazione “prima casa” relativa alla compravendita di un immobile che presentava le caratteristiche di lusso.
La Corte di Cassazione, accogliendo la tesi degli Uffici, ha affermato che, in caso di compravendita di un immobile, la parte venditrice è responsabile solidalmente con l’acquirente, e quindi tenuta al pagamento dell’imposta di registro, laddove la perdita dell’agevolazione sia dovuta alle caratteristiche di lusso dell’immobile, stabilite dalla previgente normativa (ovvero dal D.M. 2 agosto 1969)[1].
Come noto, infatti, i benefici “prima casa” (IVA al 4% o registro al 2%), sono riconosciuti in presenza dei requisiti di cui alla nota II-bis all’art.1 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. 131/1986[2], che attengono:
–       alla natura dell’immobile (abitazione non di lusso – categoria catastale diversa da A/1, A/8 e A/9);
–       all’ubicazione dell’abitazione, che deve trovarsi nel Comune in cui l’acquirente ha la propria residenza o la trasferisca entro 18 mesi dall’acquisto;
–       alla non titolarità esclusiva di altra abitazione nel Comune in cui si trova l’immobile da acquistare;
–       alla non titolarità, nemmeno per quote, di altra abitazione situata nel territorio dello Stato acquisita con i benefici “prima casa”.
A tal riguardo, la Corte di Cassazione ha stabilito che, quando la revoca dei benefici è dovuta dalla mancanza dei requisiti cd. “soggettivi”, ovvero dipende da dichiarazioni mendaci dell’acquirente, l’Amministrazione finanziaria è legittimata a chiedere la relativa maggiore imposta di registro solo alla parte acquirente.

Diversamente, nell’ipotesi in cui la revoca dipende da una situazione oggettiva, quale quella collegata alle caratteristiche dell’immobile oggetto della vendita, la responsabilità è imputabile a entrambe le parti, con applicazione della regola generale della solidarietà stabilita dall’articolo 57 del Dpr 131/1986, secondo cui “Oltre ai pubblici ufficiali, che hanno redatto, ricevuto o autenticato l’atto, e ai soggetti nel cui interesse fu richiesta la registrazione, sono solidalmente obbligati al pagamento dell’imposta le parti contraenti”.


[1]In particolare, a seguito della modifica introdotta dall’art. 10, del D.Lgs. n. 23/2011, dal 1° gennaio 2014, l’applicabilità delle agevolazioni “prima casa” risulta vincolata alla categoria catastale in cui è classificato o classificabile l’immobile (ovvero abitazioni non accatastate come A/1, A/8 o A/9).
Come noto, invece, in precedenza il riferimento era alle caratteristiche individuate dal DM 2 agosto 1969, così come previsto dall’articolo 1, quinto periodo, della Tariffa, parte prima, allegata al Dpr 131/1986, nella formulazione applicabile fino al 31 dicembre 2013.
[2] Nota II-bis, all’art.1 della Tariffa, Parte I, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986
«1. Ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 2 per cento agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse, devono ricorrere le seguenti condizioni:
a) che l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività ovvero, se trasferito all’estero per ragioni di lavoro, in quello in cui ha sede o esercita l’attività il soggetto da cui dipende ovvero, nel caso in cui l’acquirente sia cittadino italiano emigrato all’estero, che l’immobile sia acquisito come prima casa sul territorio italiano. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto;
b) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare;
c) che nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni di cui al presente articolo ovvero di cui all’art. 1 della L. 22 aprile 1982, n. 168, all’art. 2 del D.L. 7 febbraio 1985, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla L. 5 aprile 1985, n. 118, all’art. 3, comma 2, della L. 31 dicembre 1991, n. 415, all’art. 5, commi 2 e 3, dei decreti-legge 21 gennaio 1992, n. 14, 20 marzo 1992, n. 237, e 20 maggio 1992, n. 293, all’art. 2, commi 2 e 3, del D.L. 24 luglio 1992, n. 348, all’art. 1, commi 2 e 3, del D.L. 24 settembre 1992, n. 388, all’art. 1, commi 2 e 3, del D.L. 24 novembre 1992, n. 455, all’art. 1, comma 2, del D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 1993, n. 75 e all’art. 16 del D.L. 22 maggio 1993, n. 155, convertito, con modificazioni, dalla L. 19 luglio 1993, n. 243