Ddl Concorrenza, Ance: mancano misure a tutela delle imprese qualificate
Si è svolta il 22 febbraio c.m. l’audizione informale dell’ANCE presso la Commissione Industria del Senato nell’ambito dell’esame, in prima lettura, in sede referente, del disegno di legge “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021” (DDL 2469/S).
Il Direttore generale dell’ANCE, Massimiliano Musmeci, ha evidenziato in premessa che il provvedimento in oggetto rappresenta una delle riforme chiave del Piano nazionale di ripresa e resilienza, richiesta dalla Commissione Europea, per alleggerire i vincoli e favorire le attività economiche.
E’, poi, passato ad illustrare alcuni temi legati alla tutela della concorrenza che andrebbero affrontati nel disegno di legge in oggetto.
In primo luogo, la necessità di mettere rapidamente fine ad alcune prassi anticoncorrenziali che stanno fortemente danneggiando il settore delle costruzioni. Si tratta della concorrenza sleale e dei danni che stanno facendo le migliaia di operatori improvvisati che stanno operando in questi mesi nei lavori dei bonus edilizi (bonus facciate, bonus ordinari, superbonus, ecc). Negli ultimi sei mesi, sono nate 11.563 imprese che non hanno niente a che fare con il sistema delle costruzioni.
Per assicurare una corretta concorrenza, contrastare le frodi e assicurare la sicurezza nei cantieri, è necessario introdurre un sistema di qualificazione che attesti la capacità delle imprese impegnate nei lavori che beneficiano dei bonus edilizi, analogamente a quanto già previsto per tutti i lavori di ricostruzione post terremoto (Centro Italia, L’Aquila, Emilia Romagna) e come fanno altri Paesi europei.
Altrettanto importante, sarebbe garantire l’applicazione della contrattazione collettiva, nazionale e territoriale, dell’edilizia a tutela dei lavoratori e delle imprese che rispettano le regole, così come recentemente auspicato dal Ministro Orlando
In secondo luogo, la necessità di affrontare le questioni conseguenti al vuoto normativo creato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 218 del 23 novembre 2021, che ha abrogato l’art. 177 del Codice dei contratti, concernente la disciplina degli affidamenti dei titolari di concessioni di lavori, servizi o forniture pubblici “senza gara”.
Detta pronuncia, infatti, non ha disconosciuto affatto la finalità pro-concorrenziale che animava l’art. 177, né tantomeno ha disapprovato la scelta di recuperare “a valle” il deficit di concorrenza, attraverso un obbligo di esternalizzazione pari all’80 per cento, che non rappresenta un caso di gold plating.
Ciò che invece è stato censurato è che tale vincolo di esternalizzazione sia stato posto in modo radicale e indifferenziato.
Pertanto, ad avviso dell’ANCE, è opportuno e urgente, prevedere, all’interno del DDL, una nuova disciplina volta a regolare gli affidamenti dei concessionari, titolari di concessioni aggiudicate senza le procedure ad evidenza pubblica, alla luce di quei criteri “oggettivi ed inequivoci” indicati dalla stessa Corte.
Peraltro, sussistono forti dubbi sul fatto che la pronuncia della Corte abbia riguardato anche i concessionari autostradali, che soggiacciono alla diversa quota di esternalizzazione del 60/40. Infatti, alcun riferimento è stato fatto, nella motivazione della sentenza, al diverso – e più contenuto – limite del 60 per cento, gravante su quest’ultimi.
Ad ogni modo, stante l’incertezza generata sotto tale profilo dalla pronuncia in questione, occorrerebbe chiarire al più presto anche tale equivoco, se del caso, con apposita disposizione.
In terzo luogo, la necessità di ripristinare la piena pubblicità nelle procedure negoziate, utilizzabili per le opere del PNRR o del PNC di cui al comma 3 dell’articolo 48 del DL “governance e semplificazioni” di maggio scorso.
Gli avvisi attraverso cui le stazioni appaltanti devono dare evidenza dell’avvio di dette procedure, infatti, continuano ad avere, nonostante i correttivi apportati, una finalità di mera trasparenza, e non di piena pubblicità, come auspicato da ANCE.
Tali modifiche, pertanto, non sono ancora sufficienti a sanare il vulnus ai principi di pubblicità e concorrenza che presidiano la normativa sui contratti pubblici, rendendo peraltro molto difficile – se non impossibile – la partecipazione in raggruppamenti temporanei d’impresa, uno strumento chiave per la crescita delle micro, piccole e medie imprese.
Con riferimento alle misure contenute nel provvedimento, il Direttore si è soffermato sulla delega al Governo a riordinare la disciplina dei servizi pubblici locali anche attraverso l’emanazione di un Testo Unico esprimendo apprezzamento per l’obiettivo di mettere ordine ad un quadro normativo che appare disaggregato e complesso perché frutto di frequenti modifiche normative, spesso adottate in regime d’urgenza.
Molti dei servizi pubblici, infatti, presentano un notevole fabbisogno di investimenti infrastrutturali, con un conseguente impatto sul mercato potenziale delle opere pubbliche e sulla loro qualità realizzativa.
I principi della delega appaiono condivisibili perché finalizzati a rafforzare la qualità e l’efficienza dei servizi e a limitare il ricorso da parte degli enti locali allo strumento delle società in house, nel rispetto dei principi dettati dall’ordinamento comunitario.
Da sempre, l’Ance è a favore di una liberalizzazione della gestione dei servizi pubblici che possa garantire una maggiore concorrenza anche nella realizzazione delle opere necessarie alla gestione del servizio, attraverso procedure ad evidenza pubblica che garantiscano il principio per cui se il confronto concorrenziale non ha avuto luogo “a monte”, deve necessariamente essere effettuato “a valle”.
Ha, altresì, espresso una valutazione positiva riguardo alle disposizioni del testo (articoli 23 e 24) che introducono un positivo intervento di semplificazione e razionalizzazione amministrativa – in chiave di sostegno alla concorrenza – attraverso due deleghe al Governo per:
1) la ricognizione e l’individuazione delle attività private e dei relativi regimi amministrativi con l’obiettivo di eliminare i provvedimenti autorizzatori non indispensabili, estendere l’ambito delle attività private liberamente esercitabili e digitalizzare le procedure;
2) la riforma dei controlli sulle attività economiche, rendendoli più semplici, efficaci ed efficienti e soprattutto, promuovendo forme di collaborazione fra le p.a. e i soggetti controllati, anche attraverso strumenti di dialogo e premiali.
Sicuramente per l’Ance tra le priorità di intervento vi sono le procedure ambientali, come ad esempio la bonifica dei siti contaminati, il permitting ambientale e l’applicazione di strumenti fondamentali come gli End of Waste e i sottoprodotti, che scontano ormai da anni discipline eccessivamente complesse e farraginose, penalizzando di fatto la transizione verso l’economia circolare.
Con particolare riferimento all’edilizia, ha evidenziato la necessità, da un lato, di un coinvolgimento maggiore e preventivo delle Regioni, degli enti locali e degli stakeholders interessati, attualmente previsto solo a posteriori sui decreti legislativi e, dall’altro, di una riforma complessiva della materia, nell’ottica di agevolare il nuovo modello di sviluppo territoriale improntato alla rigenerazione urbana. Dal 2010 ad oggi ci sono stati numerosi interventi che, con cadenza annuale, hanno modificato e integrato la normativa di settore (Dpr 380/2001 “Testo Unico Edilizia”), ridisegnando sostanzialmente la materia, in assenza però di un disegno organico. In una logica concorrenziale come quella del provvedimento in esame è necessario che si arrivi ad una riforma unitaria che nel rimettere in discussione i regimi amministrativi introduca regole chiare anche per le procedure, i controlli e gli aspetti sanzionatori.
Ha segnalato, altresì, la necessità che si proceda con cautela nella definizione della nuova disciplina in considerazione del mal coordinamento delle norme che ha interessato la materia nell’individuazione delle diverse tipologie di procedimento. Si ricorda, ad esempio, che la disciplina generale della SCIA continua ancora oggi ad essere contenuta nella Legge 241/1990 e che, con riferimento alla CILA – introdotta dal D.lgs. 222/2016 quale atto con cui è possibile eseguire tutti gli interventi non espressamente soggetti a permesso di costruire o SCIA – mancano indicazioni precise su diversi aspetti procedurali, quali effetti della presentazione, controlli e poteri esperibili dalla amministrazione.
Proprio nell’ottica della semplificazione dei procedimenti che interessano cittadini e imprese la delega dovrebbe comunque rappresentare l’occasione per:
– modificare il cd. silenzio assenso tra amministrazioni (art. 17-bis della Legge 241/90), estendendolo anche ai rapporti fra p.a. nell’ambito dello Sportello Unico dell’Edilizia e dello Sportello Unico delle attività produttive;
– dare nuovo impulso alla redazione dei glossari delle attività edilizie previsti dal D.lgs. 222/2016 e, considerate le numerose criticità emersa nella loro applicazione, rimettere mano all’unico Glossario adottato, quello degli interventi in attività edilizia libera, nonché alla Tabella A del D.lgs. 222/2016 che contiene l’elenco delle principali attività private, il loro regime amministrativo e i relativi riferimenti normativi;
– modificare la disciplina della conferenza di servizi per snellire ulteriormente il suo funzionamento, estendendone l’uso in modalità semplificata (per via telematica) e garantendone sempre la chiusura certa con termini perentori e utilizzo del silenzio assenso. La riforma del 2016 ha avuto il pregio di rafforzare questo strumento con regole più puntuali ed efficaci ma le mutate esigenze sociali ed economiche legate anche all’emergenza sanitaria richiedono una azione amministrativa più celere ed efficace.
Risulta, altresì, necessario favorire la cooperazione amministrativa tra le Istituzioni pubbliche, al fine di consentire l’interscambio delle informazioni e la semplificazione dei numerosi adempimenti in capo alle imprese.
Andrebbe, inoltre, rafforzata la collaborazione pubblico-privato, le sinergie tra il tessuto produttivo delle imprese, i sistemi di istruzione/formazione/ricerca e le Regioni, nonché i processi di partenariato con il sistema bilaterale edile e le istituzioni competenti, al fine di fronteggiare al meglio il processo di ammodernamento richiesto dalla globalizzazione e dall’impatto delle nuove tecnologie.
Il Direttore ha, infine, illustrato ulteriori proposte che attengono alla necessità di:
– una modifica delle norme che fino ad oggi hanno regolato la realizzazione dell’abitazione, prime fra tutte quelle del DM sanità 5 luglio 1975 sulle altezze minime e sui requisiti igienico-sanitari dei locali;
– una regolamentazione più certa della segnalazione certificata di agibilità degli edifici (art. 24 e ss. del Dpr 380/2001) e soprattutto di una più puntuale individuazione degli interventi che ne sono soggetti;
-una integrazione e modifica, a distanza di cinque anni dalla sua entrata in vigore, del Dpr 31/2017, al fine di individuare ulteriori tipologie di interventi esclusi dal previo rilascio di autorizzazione paesaggistica (ad es. gli interventi di demolizione e ricostruzione totalmente fedeli rispetto all’edificio precedente) e ampliare e precisare meglio gli interventi di lieve entità (soggetti ad autorizzazione paesaggistica semplificata).
In allegato il Documento con il dettaglio della posizione ANCE consegnato agli atti della Commissione