Dalla Cassazione i criteri per accertare i “gravi difetti” costruttivi

La sentenza n. 15846 della Corte di Cassazione, sez. II, del 26 giugno 2017 affronta il tema della responsabilità decennale prevista e disciplinata dall’art. 1669 del codice civile in capo al costruttore/appaltatore per danni o gravi difetti che, pur non compromettendo la stabilità, totale o parziale, dell’edificio possano essere comunque qualificati “gravi”.

L’art. 1669 c.c. stabilisce infatti che, se nel corso di dieci anni dal compimento dell’opera, la stessa, per vizio del suolo o per difetto di costruzione, rovini in tutto o in parte, ovvero presenti evidente pericolo di rovina o gravi difetti, l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente e dei suoi aventi causa, purché sia fatta denuncia entro un anno dalla scoperta.

Per gravi difetti si dovrebbero intendere, in linea generale, quei vizi di costruzione del bene immobile che incidono negativamente ed in maniera invasiva sugli elementi strutturali dell’opera e, quindi, sulla “solidità, durata ed utilità” della struttura.

La nozione di gravi difetti è stata però negli anni  oggetto di una copiosa giurisprudenza che nel tempo ne ha ampliato la portata ricomprendendovi “qualsiasi alterazione che incida sulla funzionalità globale dell’immobile, o che ne menomi in modo considerevole il godimento, o ne pregiudichi la normale utilizzazione, in relazione alla sua destinazione economica e pratica” (Cass. Sez. Unite, 27/03/2017, n. 7756; Cass. Sez. 2, 09/09/2013, n. 20644; Cass. Sez. 2, 03/01/2013, n. 84; Cass. Sez. 2, 04/10/2011, n. 20307; Cass. Sez. 2, 15/09/2009, n. 19868).

Chiarisce la Cassazione nella recente pronuncia  del 26 giugno 2017 n. 15846 che in ogni caso spetta al giudice la valutazione in concreto degli elementi di fatto forniti dalle parti, con il supporto delle indagini peritali,  accertare le conseguenze che siano derivate o possano derivare dalla gravità del danno.

La Corte rileva che sicuramente deve trattarsi di un danno la cui consistenza e diffusione, anche se relativa ad una sola unità immobiliare, sia tale da comprometterne la normale utilizzazione. Nel caso in esame la Corte ha ravvisato la responsabilità ai sensi dell’art. 1669 per la accertata presenza crepe, lesioni, scheggiature, scalfitture, avvallamenti, riscontrati sulle piastrelle della pavimentazione di numerosi vani dell’appartamento posti su entrambi i piani dello stesso (soggiorno, cucina, disimpegno, ripostiglio, bagno, camere), nonché sul rivestimento della scala interna; ha individuato la causa di tali difetti nella tecnica costruttiva adoperata e nella qualità delle piastrelle impiegate; ha accertato le tensioni insorte nei sottostrati. La Corte ha pertanto desunto che, più che per il numero delle piastrelle difettate, per la diffusione del problema della pavimentazione in tanti diversi ambienti della casa, ne fosse compromesso il pieno godimento.