Contributo di costruzione: 10 anni al comune per rideterminare gli importi errati

La P.A. può rideterminare, sia a favore che a sfavore del privato, l’importo del contributo di costruzione liquidato in modo erroneo, richiedendo o rimborsando la differenza nel termine di 10 anni dal rilascio del titolo edilizio. È quanto ha sancito il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria con la sentenza 30 agosto 2018, n. 12, che mette un punto fermo su una questione – quella della rideterminazione di oneri di urbanizzazione e costo di costruzione calcolati in modo errato – che vedeva la giurisprudenza divisa su posizioni differenti circa tempi, presupposti e rimedi.

In via preliminare l’Adunanza Plenaria ha ribadito che si è in presenza di un rapporto di natura privatistica e non pubblicistica fra Comune e privato e pertanto non trovano applicazione le norme sull’autotutela amministrativa che fissano in 18 mesi dall’adozione del provvedimento il termine entro cui l’ente locale può rivedere le proprie decisioni (art. 21-nonies della Legge 241/1990).

Sulla base di questa premessa, il Consiglio di Stato ha stabilito che:

–          in caso di errata liquidazione, la P.A. può procedere alla rideterminazione dell’importo del contributo di costruzione nel termine ordinario di prescrizione dei diritti stabilito dall’art. 2946 del Codice civile e cioè 10 anni;

–          ugualmente il privato ha a disposizione 10 anni per impugnare davanti al giudice amministrativo l’atto che ridetermina l’importo del contributo – e non 60 giorni come previsto per i provvedimenti amministrativi;

–          le ipotesi in cui trovano applicazione queste regole sono quelle in cui l’erronea liquidazione è dipesa dall’applicazione inesatta o incoerente dei parametri vigenti al momento del rilascio del titolo abilitativo edilizio ovvero da un semplice errore di calcolo e non quelle in cui il Comune ha applicato retroattivamente coefficienti e tabelle introdotti successivamente al rilascio del titolo edilizio;

–          in questi casi i principi della tutela dell’affidamento e della buona fede che la P.A. deve osservare in generale nei rapporti con i privati possono trovare applicazione solo in ipotesi eccezionali poiché il comune applica tabelle parametriche rese note e pertanto i relativi calcoli possono essere verificati dal privato con l’aiuto del progettista che l’assiste nella presentazione dell’istanza;

–          sul privato grava dunque un obbligo di diligenza per evitare che gli venga chiesto meno o più del dovuto, così come sul comune grava l’obbligo di adoperarsi affinché la liquidazione del contributo di costruzione avvenga nel modo più corretto, sollecito, scrupoloso e preciso fin dall’inizio.