Contratti Pubblici: per l’Antitrust l’illecito deve essere definitivamente accertato

Al fine di contribuire alla certezza giuridica per le imprese che partecipano agli appalti pubblici e di evitare una proliferazione del contenzioso, appare preferibile individuare l’illecito professionale con riferimento a precedenti accertati definitivamente.

E’ quanto emerge dalle osservazioni formulate sulle Linee Guida n. 6 dell’Autorità nazionale anticorruzione dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (nota del 13 febbraio 2018, prot. n. AS1474).

Tali linee guida, di attuazione del D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, recano “Indicazione dei mezzi di prova adeguati e delle carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto che possono considerarsi significative per la dimostrazione delle circostanze di esclusione di cui all’ articolo 80, comma 5, lett. c) del Codice ”, aggiornate a seguito delle modifiche apportate al Codice dei contratti pubblici dal D.lgs. n. 56/2017 (c.d. correttivo).

In particolare, l’articolo 80, co. 5, lett c), citato contempla – come è noto – tra le cause di esclusione la commissione da parte dell’operatore economico di “gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”.

In quest’ambito, le Linee Guida attribuiscono rilevanza ai provvedimenti sanzionatori che riguardano illeciti in materia di concorrenza gravi, “aventi effetti sulla contrattualistica pubblica” e “posti in essere nel medesimo mercato oggetto del contratto da affidare”.

In presenza di tali provvedimenti, le Linee Guida prevedono che le stazioni appaltanti debbano valutare le condotte oggetto di accertamento ai fini dell’eventuale esclusione del concorrente per l’illecito anticoncorrenziale in modo non automatico, ma all’esito di un procedimento in contraddittorio con l’operatore interessato.

Tanto premesso, l’Antitrust ribadisce anzitutto la valutazione positiva della scelta generale di individuare espressamente negli illeciti antitrust ipotesi di gravi illeciti professionali idonee a determinare l’esclusione di un concorrente da una procedura di evidenza pubblica.

Tuttavia, la stessa Autorità esprime perplessità in merito alla scelta dell’ANAC di attribuire rilevanza al provvedimento meramente “esecutivo” dell’Autorità – e non più ai “provvedimenti di condanna divenuti inoppugnabili o confermati con sentenza passata in giudicato” (come accennato nelle precedenti bozze di linee guida).

Al riguardo, l’Antitrust segnala il possibile contrasto di tale indicazione con l’articolo 80, co. 10, del Codice dei contratti pubblici, che ha fissato la durata della causa di esclusione pari a tre anni decorrenti dalla data del suo “accertamento definitivo”, da intendersi – come osservato dal Consiglio di Stato nel citato parere n. 2286/2016 – quale data non già del fatto ma del suo accertamento giudiziale definitivo.

Peraltro, al fine di evitare una proliferazione del contenzioso e continui effetti sulle gare in corso derivanti dal possibile esito divergente dei giudizi, appare, secondo l’Antitrust, preferibile individuare la data dell’accertamento definitivo non in quella del provvedimento esecutivo dell’AGCM stessa (che non è ancora definitivo), ma in quella dell’intervenuta inoppugnabilità dell’accertamento da parte dell’Autorità (nell’ipotesi di provvedimenti non impugnati) o nella pronuncia definitiva del giudice amministrativo (in caso di impugnazione).

Solo in questo modo, si evita che effetti rilevanti sulle gare in corso possano essere prodotti da provvedimenti ancora soggetti al controllo giurisdizionale e non si identifica l’accertamento definitivo con il giudicato formale, bensì con la conclusione del contenzioso davanti al giudice amministrativo munito di giurisdizione esclusiva in materia.

In questo modo, l’Antitrust ritiene di poter allontanare il rischio che un utilizzo strumentale del ricorso per Cassazione possa posticipare l’effetto di un accertamento ormai confermato dal giudice del ricorso.

Tale conclusione appare inoltre coerente con quanto affermato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia, che, nel confermare l’ascrivibilità dell’illecito anticoncorrenziale all’ipotesi escludente del grave errore professionale riconosce la compatibilità tra gli artt. 49 e 56 TFUE e una normativa nazionale che esclude la partecipazione a una procedura di gara d’appalto di un operatore economico che abbia commesso “un’infrazione al diritto della concorrenza, constatata con decisione giurisdizionale passata in giudicato, per la quale gli è stata inflitta un’ammenda” (causa C-470/13, cit., § 39).