Compravendita immobiliare: che succede se manca il certificato di agibilità

Il rifiuto manifestato dall’acquirente di stipulare l’atto definitivo di compravendita di un immobile in assenza del certificato di agibilità, pur se il mancato rilascio dipende dall’inerzia del Comune, nei cui confronti peraltro è obbligato ad attivarsi il promittente venditore, deve ritenersi legittimo. In questo senso si è espressa la Corte di Cassazione con la sentenza n. 2438 dell’8/2/2016.
I giudici hanno sostenuto la tesi in base alla quale l’obbligo di consegnare il certificato di agibilità discende dall’ articolo 1477, terzo comma, cod. civ. :“Il venditore deve pure consegnare i titoli e i documenti relativi alla proprietà e all’uso della cosa venduta” e a ciò consegue la legittimità del rifiuto del promissario acquirente di stipulare la compravendita definitiva dal momento che egli ha interesse ad ottenere la proprietà di un immobile che risulti  idoneo ad assolvere la funzione economico-sociale e a soddisfare i bisogni che inducono all’acquisto, e cioè la fruibilità e la commerciabilità del bene (conformi anche: Cass., sez. II, sentenza n. 15969 del 2000 e sentenza n. 16216 del 2008).
La Corte ha , tuttavia, rammentato che la consegna del certificato di abitabilità non costituisce di per sé condizione di validità della compravendita ma costituisce un’obbligazione incombente sul venditore ai sensi dell’art. 1477 cod. civ., attenendo ad un requisito essenziale della cosa venduta, in quanto incide sulla possibilità di adibire legittimamente la stessa all’uso contrattualmente previsto. Il venditore-costruttore ha, dunque, l’obbligo di consegnare all’acquirente dell’immobile il certificato, curandone la richiesta e sostenendo le spese necessarie al rilascio, e l’inadempimento di questa obbligazione è ex se foriero di danno emergente, perché costringe l’acquirente a provvedere in proprio, ovvero a ritenere l’immobile tal quale, cioè con un valore di scambio inferiore a quello che esso diversamente avrebbe, a prescindere dalla circostanza che il bene sia alienato o comunque destinato all’alienazione a terzi (in tale senso anche Cass., sez. II, sentenza n. 23157 del 2013).
Il principio affermato nella sentenza della Corte 2438/2016 che, come visto, conferma anche alcune posizioni giurisprudenziali già assunte in passato dalla giurisprudenza,  in realtà è parzialmente condivisibile se analizzato con il contenuto normativo del comma 4 dell’art. 25 del Dpr 380/2001 (Tu Edilizia) che prevede il regime del silenzio- assenso nel procedimento di rilascio del certificato di agibilità.
La agibilità si ottiene, infatti, a seguito di apposita domanda, ad opera del soggetto che ha ottenuto il permesso di costruire o da colui che ha presentato la Scia o la Dia, e dei suoi successori o aventi causa, entro 15 giorni dalla ultimazione dei lavori, pena, in difetto, l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria (da 77 a 464 euro).
Il rilascio del certificato, deve avvenire entro 30 giorni dalla presentazione della domanda, ad opera del dirigente o del responsabile dell’ufficio Comunale , trascorso inutilmente il quale si forma il silenzio assenso a condizione che la istanza sia corredata della documentazione richiesta e che sia stato rilasciato il parere della ASL competente.
Il suddetto termine è elevato a 60 giorni in caso di autodichiarazione dell’interessato (salvo i casi di interruzione di detto termine ai fini della acquisizione di documentazione integrativa così come previsto dall’ art. 25, comma 5, del TU Edilizia).
Risulta, pertanto, più aderente al dettato normativo la posizione di quella giurisprudenza   secondo la quale “il costruttore-venditore che, al momento del rogito o anche nel corso del giudizio, offra la documentazione attestante la regolare presentazione dell’istanza e il decorso del tempo idoneo ad integrare la fattispecie del silenzio assenso, ha assolto i propri obblighi di diligenza ai fini dell’abitabilità dell’immobile promesso in vendita, rimanendo a suo carico, a richiesta del Notaio rogante o dell’acquirente, l’onere di provare che l’istanza sia stata presentata con il dovuto corredo documentale” (Corte di Appello di Roma, sez. 2, n. 2620/2011 Cassazione civile, sez II, n. 24729/2008).
In sostanza, la presenza del certificato di agibilità (per provvedimento espresso o per silenzio-assenso) rappresenta senz’altro un elemento fondamentale della documentazione che il veditore deve dare all’acquirente in sede di rogito ma non esiste alcuna norma che contempli l’obbligo del preventivo rilascio di agibilità ai fini del trasferimento dell’immobile. La vendita stipulata non configura, infatti, un contratto nullo.
La funzione del certificato di agibilità non è quella di attestare la conformità dell’edificio al progetto approvato e quindi la sua regolarità edilizia (come tuttavia parte della giurisprudenza sostiene): se sono stati commessi degli abusi edilizi gli stessi non possono ritenersi sanati per effetto del rilascio del certificato. Il certificato di agibilità serve a garantire, secondo quanto dispone la normativa vigente, la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici per il loro utilizzo a fini abitativi, commerciali, industriali, direzionali o altro.
L’agibilità interessa tutti gli edifici di nuova costruzione od oggetto di interventi edilizi di ricostruzione, ampliamento, sopraelevazione oppure di interventi che comunque modifichino le condizioni di sicurezza, salubrità ecc.  Nel TU Edilizia è stata peraltro eliminata la duplicità dei termini di “abitabilità” (per le unità immobiliari ad uso civile abitazione, residenziale) e di “agibilità” (per le unità immobiliari a destinazione diversa dall’abitazione) concentrando il tutto nell’unica definizione di “agibilità” ossia di un certificato necessario a poter utilizzare l’immobile per l’uso per cui lo si acquista o lo si prende in uso a qualsiasi titolo.

L’art. 25 c. 5 bis del T.U. DPR 380/2001 prevede una forma alternativa al certificato di agibilità, ossia la dichiarazione di conformità e agibilità (rilasciata dal direttore lavori o da un professionista abilitato). La presentazione di tale dichiarazionealternativa non esclude il potere del Comune di accertare, in un momento successivo, la effettiva sussistenza delle condizioni di agibilità.

In sede di stipula del rogito sarà compito del notaio quello di rendere quantomeno edotta la parte acquirente circa l’allegazione del certificato di agibilità. Così si è espressa anche la Corte di Cassazione con la sentenza n.10296/2012 dove si è ritenuto che il notaio incaricato della stipula di un atto di compravendita immobiliare risponde dei danni patiti dall’acquirente a causa dell’assenza nell’immobile dei requisiti per il rilascio del certificato di abitabilità, a nulla rilevando che la mancanza di quei requisiti potesse essere agevolmente accertata dall’acquirente stesso, quando non sia dimostrato che il professionista abbia informato il cliente di tale situazione e delle sue possibili conseguenze.

Qualora dovesse mancare il certificato di agibilità nell’ottica di una corretta regolamentazione dei rapporti tra le parti, conformemente ai loro rispettivi interessi, si può ovviare includendo eventuali e specifiche pattuizioni al riguardo in maniera espressa.

 Qualora, ad esempio, il certificato non venga prodotto contestualmente al rogito si darà atto che è stata regolarmente presentata la relativa domanda ed, in tal caso, la parte venditrice ne dichiarerà la regolare presentazione obbligandosi alla successiva consegna del certificato alla parte acquirente. In alternativa, qualora sia già decorso il tempo per il formarsi del silenzio-assenso la parte alienante dichiarerà la regolare presentazione della domanda di rilascio e la formazione del silenzio – assenso per decorrenza del relativo termine. Qualora l’immobile non abbia ottenuto l’agibilità, pur avendone i requisiti, poiché non è ancora stata presentata la domanda di rilascio, la parte venditrice dichiarerà che non sussiste l’agibilità, ma l’immobile in questione possiede tutti requisiti richiesti e pertanto potrà obbligarsi ad ottenerla e a consegnare il relativo certificato alla parte acquirente entro un certo termine.
Nulla vieta, dunque, alle parti di autoregolamentarsi liberamente potendo anche spostare in capo all’acquirente l’obbligo di richiedere  il rilascio del certificato; in questo caso potrà essere opportuno aggiungere che la parte acquirente, informata della mancanza dell’agibilità dell’immobile in oggetto, dichiari di essere ugualmente interessata all’acquisto e di non avere alcuna eccezione da sollevare al riguardo.
Quanto al silenzio-assenso, la prova dell’avvenuto formarsi dell’agibilità per silenzio assenso deve essere provata dalla richiesta scritta rivolta al Comune e dal decorso del termine di legge. A tal proposito si rinvia altresì a quanto previsto dall’articolo 20 Legge n. 241/1990 in tema di silenzio assenso: “(…) il silenzio dell’amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda senza necessità di ulteriori istanze o diffide, se la medesima amministrazione non comunica all’interessato (…) il provvedimento di diniego(…)”
Appare quindi corretto ribadire la piena legittimità dell’atto di compravendita stipulato in difetto dell’abitabilità (inteso come documento cartaceo), ben potendo quest’ultima essere attestata per silenzio-assenso (senza necessità di doversi comunque dotare dell’atto successivamente) o il relativo Certificato essere acquisito e quindi documentato successivamente all’acquirente. Va infatti escluso (…)che, formatosi il silenzio assenso, il costruttore possa (o debba) pretendere in forza della L. n. 1034 del 1971, art. 21 bis, che l’Amministrazione rilasci un certificato espresso di abitabilità: si vanificherebbe altrimenti la finalità della previsione normativa della fattispecie di assenso. Per altro verso va escluso che la contestazione del promissario acquirente gli imponga di agire, con azione di mero accertamento, spiegata contro l’ente locale davanti al giudice amministrativo (Cassazione civile, sez II, n. 24729/2008)
Da ultimo va sottolineato che possono sussistere ipotesi di commerciabilità di particolari tipi di immobili per i quali non è possibile disporre del relativo certificato di agibilità. Si pensi alla  vendita di edificio “al grezzo” quando cioè le opere di completamento sono assunte a proprio carico dall’acquirente, al  trasferimento di un fabbricato dismesso, dichiarato inagibile per le sue precarie condizioni di conservazione e che l’acquirente acquista proprio al fine di procedere alla sua radicale ristrutturazione.