Appalti pubblici, per l’affidamento e l’esecuzione dei contratti la disciplina nazionale è inderogabile
Rimane saldo l’orientamento della Corte Costituzionale che affida allo Stato, e non alle autonomie locali, la disciplina delle procedure di aggiudicazione ed esecuzione dei contratti pubblici; ciò anche per quanto riguarda l’eventuale riconoscimento di un privilegio per le imprese locali, al fine di favorire la protezione dell’ambiente, la cui previsione resta di competenza esclusiva dello Stato.
È quanto deciso dalla Corte Costituzionale, con sentenza n. 23 del 28 gennaio 2022, che dichiara illegittime alcune disposizioni riguardanti le leggi della Provincia autonoma di Trento nn. 2, 3, 6 e 13 del 2020 e della Provincia autonoma di Bolzano n. 3 del 2020, concernenti una disciplina specifica per l’affidamento e l’esecuzione dei contratti pubblici.
Tali norme sono state impugnate perché palesavano una violazione degli artt. 4 e 8 del d.P.R. n. 670 del 1972 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), in relazione dell’art. 117, commi 1 e 2 della Costituzione e degli artt. 32, 67, e 69 della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici.
- Limiti di derogabilità della legislazione nazionale
Nella citata sentenza n. 23/2022, la Corte Costituzionale richiama (ancora una volta) l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed l), Cost., affermando l’inderogabilità della disciplina nazionale dettata dal codice appalti (d.lgs. n. 50 del 2016), riguardante le procedure di aggiudicazione ed esecuzione dei contratti pubblici. Infatti, queste ultime:
- presentano i tratti di una riforma economico-sociale, attuativa anche di «obblighi internazionali nascenti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea» (Corte Cost., sent. n. 114 del 2011), «che attengono, da un lato, alla scelta del contraente (alle procedure di affidamento) e, dall’altro [lato], al perfezionamento del vincolo negoziale e alla correlata sua esecuzione» (Corte Cost., sent. n. 45 del 2010);
- garantiscono una disciplina uniforme sul territorio nazionale, tutelando e promuovendo la concorrenza (incluse le gare cd. “sotto-soglia” UE). Di contro, la previsione di regimi differenziati su base regionale può «creare dislivelli di regolazione, produttivi di barriere territoriali», con effetti distorsivi della concorrenza (Corte Cost., sent. n. 283 del 2009).;
- riempiono di contenuto «i limiti statutari alla potestà legislativa regionale in materia di lavori pubblici» (Corte Cost, sent. n. 166 del 2019), incluse quelle delle Province autonome di Trento e Bolzano, senza che possa in alcun modo rilevare la peculiare contingenza della crisi economica determinata dal Covid. La precarietà del contesto di emergenza non ha, infatti, ampliato le competenze provinciali, semmai, in una materia come quella dei contratti pubblici, ha acuito le esigenze di uniformità della disciplina e di certezza del diritto.
Ne consegue che, fissate le disposizioni nazionali riguardanti le procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici, «le Regioni, anche ad autonomia speciale, non possono dettare una disciplina da esse difforme» (Corte Cost., sent. n. 39 del 2020).
Infatti, non può che essere affidato al legislatore nazionale (nell’esercizio della sua competenza esclusiva in materia, quale garanzia di uniformità della disciplina su tutto il territorio nazionale) il delicato bilanciamento fra le esigenze di semplificazione e snellimento delle procedure di gara e quelle, fondamentali, di tutela della concorrenza, della trasparenza e della legalità delle medesime procedure.
- L’utilizzo della procedura negoziata in modo generalizzato
La legge della Provincia autonoma di Trento, preso atto dell’emergenza sanitaria, ha previsto il ricorso alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando in modo generalizzato, prescindendo dalla sussistenza delle condizioni richieste dalle norme europee e da quella nazionale di recepimento.
Secondo la Corte Costituzionale, tale previsione diverge rispetto alle stesse Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, in materia di contratti pubblici (d.lgs. 7 settembre 2017, n. 162).
Infatti, le suddette Norme di attuazione impongono il rispetto della normativa dell’Unione europea e le norme fondamentali dello Stato, e, quindi, in coerenza con queste, l’utilizzo della procedura negoziata solo se motivata dall’amministrazione (cfr. Comunicazione 2020/C/108-1101 della Commissione europea) e «nella misura strettamente necessaria» e sulla base dell’accertamento in concreto delle ragioni «di estrema urgenza derivanti da eventi imprevedibili» (cfr. art. 63 del Codice dei contratti).
Veniva, dunque, dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, della legge prov. Trento n. 2 del 2020 e dell’art. 52, comma 2, della legge prov. Trento n. 3 del 2020, contenente la suddetta previsione.
Analoga illegittimità era riscontrata nella previsione per gli appalti “sotto-soglia” UE dell’obbligo e non della facoltà di fare ricorso alla procedura negoziata, individuando «se possibile» i soggetti da invitare a seguito di indagini di mercato (art. 3, commi 1, 2 e 4, della L.P. Trento n. 2 del 2020, in contrasto con l’art. 36 del Codice dei contratti).
- Localismo e tutela delle PMI
Nella sentenza n. 23/2022 vengono affrontati i delicati temi del cd. “localismo” e delle agevolazioni alla partecipazione agli appalti pubblici delle microimprese, piccole e medie imprese (MPMI).
L’approfondimento di tali tematiche emerge dalla dichiarazione di illegittimità, espressa dalla Corte Costituzionale, dell’elencazione normativa di elementi di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa (OEPV), tra cui il coinvolgimento delle MPMI locali, rispetto ai quali la stazione appaltante si limita ad un mero accertamento di una quantità (cfr. testo iniziale art. 2, co. 3, della L.P. Trento n. 2/2022). A tale proposito, viene osservato che nell’OEPV:
- deve esservi sempre una stretta connessione tra l’oggettività dei criteri di aggiudicazione e la loro pertinenza all’oggetto, alla natura e alle caratteristiche del contratto;
- è sempre il committente, non la disciplina specifica, a dover individuare i criteri e a dover calibrare la loro rilevanza nei documenti di gara, in ragione delle specificità dell’appalto;
- il riferimento alle MPMI subappaltatrici o fornitrici locali, rappresenta un elemento discriminatorio su base territoriale, ontologicamente incompatibile con un giudizio di tipo qualitativo, tanto che lo stesso codice dei contratti prevede la possibilità di inserire criteri premiali a favore delle PMI solo in caso questi rispettino i principi di parità di trattamento e di non discriminazione (art. 95, comma 13).
Infatti, al fine di valorizzare gli elementi qualitativi dell’offerta, il giudizio sulla stessa deve consentire la massima discrezionalità delle scelte da parte dell’amministrazione; ciò non accade, ad es., dove sono imposte alla stazione appaltante delle formule matematiche di valutazione delle offerte (cfr. art. 2, comma 4, della L.P. n. 2 del 2020, nonché dell’art. 52, comma 7, della legge prov. Trento n. 3 del 2020) o viene limitato l’utilizzo dei criteri di valutazione di natura discrezionale ai soli casi in cui sia «necessario» (cfr. art. 2, comma 7, della legge prov. Trento n. 2 del 2020.
Ne consegue che, è censurabile anche la successiva riformulazione della stessa norma, perché pur rendendo facoltativo l’utilizzo dei criteri pro MPMI locali, comunque ripropone elementi di valutazione dell’offerta incapaci di incidere sulla qualità dell’offerta (neppure in senso sociale).
Di contro, assegnando una preferenza per chi subappalta o si rifornisce da micro, piccole o medie imprese locali, si conferisce rilevanza a elementi in sé discriminatori, avulsi in quanto tali da ogni possibile giudizio qualitativo sull’offerta (cfr. art. 52, comma 6, della L. P. n. 2 del 2020).
- Anomalia ed esclusione automatica
La Corte Costituzionale ritiene illegittima la norma della Provincia autonoma di Trento che consente all’amministrazione di operare esclusioni automatiche anche nell’ipotesi di ricorso al criterio dell’OEPV e/o per contratti di valore superiore alla soglia europea (cfr. art. 2, co. 8, L.P. Trento n. 2 del 2020 e art. 52, co. 8, L.P. Trento n. 3 del 2020).
Infatti, trattasi di ipotesi che, seppur non prevista dall’art. 97 del codice appalti (e quindi non in contrasto con esso), è in conflitto con il diritto dell’Unione europea, che – in linea di principio – non ammette l’esclusione automatica delle offerte anomale (cfr. C.G.U.E., ex multis, sent. 10 settembre 2020, in causa C-367/19, Tax-Fin-Lex d.o.o.).
È, altresì, illegittima l’individuazione di un livello ottimale di ribasso che inficia la discrezionalità della stazione appaltante, che dovrebbe essere chiamata prima ad determinare e poi ad «applicare i criteri di volta in volta ritenuti più idonei per valutare il carattere più vantaggioso dell’offerta, quanto giudicare la logicità, la ragionevolezza e l’adeguatezza di un ribasso eventualmente anomalo» (cfr. art. 6, co. 2, L.P. Trento n. 2 del 2020).
- La legge regionale della Provincia autonoma di Bolzano
In coerenza con quanto stabilito per la legge della Provincia di Trento, la Corte Costituzionale censura anche la legge della Provincia autonoma di Bolzano n. 3 del 2020, nella parte in cui (art. 13, comma 1), in modo discriminatorio e inidoneo a consentire la valutazione della qualità dell’offerta (cfr. art. 95, co. 6, cod. contratti), attribuisce carattere premiale all’impegno da parte del concorrente:
- di affidare in subappalto l’esecuzione della totalità o di parte della prestazione a imprese localizzate sul territorio provinciale;
- di acquisire le forniture necessarie per l’esecuzione della prestazione da imprese localizzate sul territorio provinciale.
Tale discriminazione, infatti, «non può trovare una giustificazione neppure in un presunto bilanciamento di interessi fra tutela della concorrenza e difesa dell’ambiente. Anche a voler prescindere dalla effettiva plausibilità dell’assunto, che associa il privilegio per le imprese locali con la protezione dell’ambiente, in ogni caso il citato bilanciamento sarebbe di competenza esclusiva dello Stato».
Devono essere altresì censurati, perché non connotati da un minimo di oggettività e di attinenza alla natura, all’oggetto e alle caratteristiche dell’appalto, e perché connessi ad un generico «impegno» da parte del concorrente, i criteri che premiano:
- l’esecuzione in subappalto della totalità o di parte della prestazione a MPMI;
- di acquisire le forniture necessarie per l’esecuzione della prestazione da MPMI;
- di praticare per le prestazioni affidate in subappalto la percentuale minore di sconto massimo rispetto a quanto previsto dall’elenco prezzi posto a base di gara, al fine di assicurare la qualità nell’esecuzione del contratto.
Infine, sono altresì illegittimi gli articoli dal 14 al 22 della suddetta legge (fatto salvo l’art. 15 non impugnato dallo Stato) che prevedono per i contratti in corso di esecuzione:
- disposizioni confliggenti con la disciplina nazionale dei contratti sottosoglia (art. 36, co. 2 del cod. contatti);
- la sospensione della garanzia provvisoria per tutte le procedure di gara;
- la stipula contratto anche in pendenza della verifica dei requisiti di partecipazione (fatte salve le verifiche antimafia);
- l’aggiunta, all’importo dei lavori eseguiti, del pagamento del 60% del valore dei materiali provvisti a piè d’opera;
- il beneficio per le imprese fornitrici del pagamento in acconto dell’80% del valore delle forniture consegnate;
- l’elevazione della percentuale di anticipazione del prezzo;
- la proroga dei contratti per ragioni di interesse pubblico determinate da emergenze sanitarie.
Con l’occasione, la Corte costituzionale ha altresì ricordato che «l’esecuzione del contratto e con essa la disciplina sulle modalità di pagamento del corrispettivo dell’appalto attengono all’ordinamento civile e sono, pertanto, suscettibili di trovare la loro regolamentazione nell’uniforme disciplina statale, salvo gli spazi lasciati all’autonomia privata».