Appalti pubblici: di nuovo alla UE l’illecito professionale
Il Consiglio di Stato ha rimesso nuovamente alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la questione pregiudiziale dell’impossibilità della stazione appaltante di valutare un precedente errore professionale in caso di illecito professionale che abbia causato la risoluzione anticipata di un contratto d’appalto, laddove quest’ultima sia stata contestata e non ancora confermata all’esito di un giudizio (sez. V, ordinanza n. 5033 del 23 agosto 2018).
A centro dell’attenzione del giudice amministrativo è ancora una volta l’art. 80, co. 5, lett. c) del Codice dei contratti, d.lgs. 50/2016, contenente la causa di esclusione obbligatoria denominata “grave illecito professionale”, che punisce tutti comportamenti dell’impresa capaci di compromettere il costituendo rapporto fiduciario tra stazione appaltante e aggiudicatario.
Tra le ipotesi elencate nella predetta norma rientrano, tra l’altro, «significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata» le quali non siano contestate in giudizio dall’appaltatore privato o, laddove lo fossero, la mancanza dell’impresa sia stata «confermata all’esito di un giudizio».
Ciò premesso, la vicenda in ultimo esaminata dal Consiglio di Stato riguarda un affidamento, mediante accordo quadro, del servizio di temporanea accoglienza di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale, per il quale era stato escluso un operatore economico, nonostante questi avesse impugnato il provvedimento di risoluzione del precedente contratto di appalto, su cui si basava l’esclusione stessa.
A tale proposito, il Consiglio di Stato ricorda che una volta proposto il ricorso, ai fini dell’accertamento definitivo, è da ritenersi evidentemente insufficiente anche “la definizione di un incidente di natura cautelare, con decisione avente funzione interinale e strumentale rispetto a quella di merito”(cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 aprile 2017, n. 1955, in merito all’interpretazione letterale della norma dell’art. 12 delle preleggi nel caso di l’illecito professionale).
La conseguenza di tale orientamento, seppure coerente con il testo della norma, è la necessaria subordinazione dell’azione amministrativa agli esiti del giudizio.
Tuttavia, secondo il Consiglio di Stato, ciò non appare “compatibile con i tempi effettivi dell’azione amministrativa in relazione alle finalità di interesse generale del settore, vale a dire l’utile realizzazione delle opere o acquisizione dei servizi da parte delle pubbliche amministrazioni”.
Infatti, “risolto il contratto per grave inadempimento dell’operatore economico, l’amministrazione dovrà indire una nuova procedura di gara per addivenire ad un nuovo contratto; ma all’operatore economico inadempiente basterà contestare in giudizio la risoluzione per ottenere comunque ingresso nella nuova procedura, dovendo nelle more l’amministrazione attendere l’esito del giudizio per poter legittimamente procedere alla sua esclusione”.
Ne consegue che, a fronte di “gravi illeciti professionali” identici da parte di due operatori economici, un operatore sarà escluso in quanto non ha proposto impugnazione giurisdizionale della risoluzione e l’altro, per averla proposta, non potrà essere escluso.
Di contro, tenendo presente che l’amministrazione aggiudicatrice sarà responsabile per le conseguenze di una sua eventuale decisione erronea, le previsioni eurounitarie sembrerebbero consentire l’esclusione dell’operatore economico se la stazione appaltante è in condizione di dimostrare la sussistenza di un grave illecito professionale «anche prima che sia adottata una decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di esclusione obbligatori» (vedi art. 57, par. 4 della Direttiva 2014/24/UE, letta contestualmente all’indicazione del Considerando 101 della Direttiva stessa).
Alla luce delle considerazioni svolte, viene quindi formulata dal Consiglio di Stato alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea la seguente questione pregiudiziale:
“Se il diritto dell’Unione europea e, precisamente, l’art. 57 par. 4 della Direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, unitamente al Considerando 101 della medesima Direttiva e al principio di proporzionalità e di parità di trattamento ostano ad una normativa nazionale, come quella in esame, che, definita quale causa di esclusione obbligatoria di un operatore economico il “grave illecito professionale”, stabilisce che, nel caso in cui l’illecito professionale abbia causato la risoluzione anticipata di un contratto d’appalto, l’operatore può essere escluso solo se la risoluzione non è contestata o è confermata all’esito di un giudizio”.
Da notare, in ultimo, che non è la prima volta che il Consiglio di Stato si chiede se il diritto dell’Unione europea osti all’attuale portata applicativa del “grave illecito professionale” (vedi anche Cons. St., sez. V, ord., 3 maggio 2018, n. 2639 di cui alla News ID 32596 dell’11 maggio 2018, in merito alla possibilità della stazione appaltante di valutare un precedente errore professionale in caso di una sua impugnazione giurisdizionale).
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea dovrà pertanto esprimersi anche con riferimento quest’ultima remissione, chiarendo definitamente se costituisce “mezzo adeguato” di dimostrazione dell’illecito professionale anche il provvedimento esecutivo di risoluzione o di risarcimento non ancora passato in giudicato.