Appalti, nuovo codice pronto per la Gazzetta: saltano i paletti di trasparenza sui lavori sotto al milione

È attesa in Gazzetta a partire da oggi la versione definitiva del nuovo codice appalti, approvata in Consiglio dei Ministri venerdì 15 aprile. Ieri, 18 aprile 2016, il decreto ha ricevuto la «bollinatura» della Ragioneria ed è andato alla firma del Capo dello Stato, ultimo passaggio formale prima della pubblicazione. Il provvedimento è arrivato al Quirinale nel tardo pomeriggio, fuori tempo massimo per poter rispettare gli annunci della vigilia che davano per certa la pubblicazione in Gazzetta per il 18 aprile, data di entrata in vigore delle nuove direttive europee.

Il nuovo codice entrerà in vigore il giorno stesso della pubblicazione. Ma non tutte le misure previste dai 220 articoli del decreto saranno immediatamente operative. Va detto peraltro il decreto uscito dal Consiglio dei ministri ha riservato più di una sorpresa rispetto al testo di entrata.

La principale riguarda le misure di trasparenza sui piccoli appalti. Al contrario di quanto prevedevano le ultime bozze, nella versione definitiva del decreto non hanno trovato posto le richieste avanzate dal Parlamento (e dal Consiglio di Stato) sulla necessità di accendere un faro sui piccoli lavori, rendendo obbligatorie le gare precedute da un bando, per gli appalti sopra i 150mila euro. A sorpresa, l’ultima versione lascia tutto più o meno come è oggi: con la possibilità di affidare gli appalti fino a un milione (in numeri l’80% del mercato) con una procedura negoziata (ex trattativa privata) senza bando, con la consultazione di dieci imprese («ove esistenti»). L’altra novità dell’ultim’ora riguarda i lavori delle concessionarie da affidare all’80% con gara. Salta infatti la deroga che avrebbe permesso alle società (in particolari quelle che hanno in gestione autostrade) di continuare a realizzare i lavori in house, se gestiti attraverso risorse interne (la cosiddetta «amministrazione diretta»).

Con il nuovo codice scatterà da subito la limitazione al massimo ribasso. Assegnare i contratti tenendo conto solo del prezzo sarà possibile solo per le opere sotto al milione. Negli altri casi diventa obbligatoria l’offerta economicamente più vantaggiosa (prezzo più aspetti tecnici di gestione del cantiere o svolgimento del servizio). Massimo ribasso vietato da subito anche per i servizi di progettazione, quelli ad alta intensità di manodopera (costo del personale oltre il 50%), ristorazione scolastica, assistenziale e ospedaliera.

L’entrata in vigore segna anche l’addio all’appalto integrato. Per assegnare un cantiere la Pa dovrà sempre mettere a gara un progetto esecutivo, tranne nei casi in cui c’è in ballo una appalto per general contractor (ormai una rarità) oppure un’operazione finanziata in parte da privati. Salta da subito anche l’incentivo del 2% per i progetti svolti da tecnici interni alla Pa (vedi approfondimento) . Anche se il bonus rimane per atti di pianificazione e controllo, inclusi direzione lavori e collaudi.

Due buone notizie per le Pmi. Il nuovo codice riduce a un massimo di 5mila euro la sanzione per sanare le offerte incomplete. Con un importante chiarimento: la multa la paga chi vuole mettersi in regola, senza essere escluso. La seconda novità è il pagamento diretto a favore di microimprese e Pmi, con contestuale svincolo dalla responsabilità solidale per il titolare del contratto. Immediatamente operativi anche la stretta sui ricorsi, il tetto massimo al 30% per il contributo pubblico nelle operazioni di project financing e lo sconto sulla cauzione per le imprese in possesso di rating di legalità.

Ci vorrà del tempo invece per far diventare operative alcune delle novità più attese della riforma. Servono infatti provvedimenti specifici dell’Anticorruzione per attivare il rating di impresa chiamato a valutare (e premiare) la reputazione conquistata sul campo dai costruttori. Per lo stesso motivo non partiranno subito le commissioni di gara estratte a sorte da un albo gestito dall’Anac (ma solo per gli appalti sopra la soglia Ue) e la qualificazione delle stazioni appaltanti, utile anche nell’ottica della spending review. Anche per rendere operativo il débat public sulle grandi opere, s erve un decreto del ministero delle Infrastrutture da varare entro un anno.