Appalti, aggregazione dei Comuni rinviate in attesa della qualificazione Pa

Il Dlgs 50 nella fase transitoria ammorbidisce i vincoli a carico delle piccole amministrazioni: più spazi per gare in autonomia.

Aggregazione delle stazioni appaltanti ferma un giro. I piccoli Comuni, almeno per qualche mese, saranno considerati qualificati e potranno fare in autonomia le gare entro i 209mila euro per servizi e forniture e fino a un milione di euro per i lavori di manutenzione ordinaria, purché utilizzino una procedura elettronica. Soglie molto più elevate di qualche settimane fa, quando queste stesse amministrazioni erano costrette a restare entro il bassissimo tetto di 40mila euro o a passare da un soggetto aggregatore. È questo il paradossale effetto che deriva dall’entrata in vigore delle nuove norme del Codice appalti (Dlgs n. 50 del 2016) e che l’Anac ha messo nero su bianco in un comunicato datato 8 giugno 2016: in attesa che entrino in vigore le regole sulla qualificazione delle stazioni appaltanti, basta iscriversi all’Anagrafe unica tenuta proprio dall’Anticorruzione per fare tutto da soli, purché si passi da strumenti telematici di negoziazione, messi a disposizione da soggetti come Consip.

Per capire questo complesso intreccio di norme, bisogna partire dalla situazione del vecchio Codice (Dlgs n. 163 del 2006). L’articolo 33 comma 3 bis consentiva ai Comuni non capoluogo di procedere all’acquisizione di lavori, beni e servizi solo tramite unioni di Comuni, accordi consortili o soggetti aggregatori. Unica eccezione: gli appalti sotto la soglia di 40mila euro, per i quali si poteva fare tutto in autonomia. Quella norma, dopo una serie di proroghe, è andata in vigore lo scorso novembre, con qualche ritocco nella legge di Stabilità. Il nuovo Codice, rispetto a questo assetto, porta diverse correzioni. E stabilisce anzitutto, come spiega l’Anac, che i Comuni non capoluogo «possono procedere all’acquisizione di servizi di importo inferiore a 40mila euro e di lavori di importo inferiore a 150mila euro direttamente e autonomamente». Quindi, la soglia per l’autonomia nei lavori passa da 40mila a 150mila euro.

Sopra questi tetti, in base alla riforma, la stazione appaltante dovrà essere qualificata per fare le gare, secondo un sistema che sarà regolato dall’Anac. Un modo per garantire un alto livello di professionalità delle amministrazioni. C’è, però, un’eccezione molto rilevante: questa qualificazione, stando a quanto spiega l’Authority, «nel periodo transitorio si intende sostituita dall’iscrizione all’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti». Lo dice chiaramente l’articolo 216 del nuovo Codice: fino all’entrata in vigore del sistema di qualificazione, i relativi requisiti sono soddisfatti tramite la semplice iscrizione all’anagrafe. Questa iscrizione, però, non garantisce nessun controllo sulla professionalità delle amministrazioni, a differenza del sistema che arriverà. Lo testimonia il fatto che, ad oggi, sono circa 8mila i Comuni che compaiono negli elenchi dell’Anticorruzione. Praticamente tutti.

Quindi, per gli appalti dei piccoli Comuni, in attesa che si chiuda la fase transitoria con l’approvazione di un Dpcm che dovrà regolare la qualificazione delle stazioni appaltanti, dallo scorso 19 aprile c’è stata un’apertura parecchio importante. In base a quanto spiega l’Autorità, per gli acquisti di forniture e servizi che arrivano fino a 209mila euro e per i lavori di manutenzione ordinaria che non superano il milione, «i Comuni non capoluogo di provincia, se iscritti all’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti, possono procedere all’affidamento mediante utilizzo autonomo degli strumenti telematici di negoziazione», messi a disposizione da soggetti come Consip o da altre centrali di committenza. Nell’immediato, quindi, non c’è nessun incentivo alle aggregazioni. Le piccole amministrazioni potranno continuare a fare gare in autonomia, entro soglie parecchio più alte del passato.