Antimafia: l’Ance chiede regole che non alterino la concorrenza

Si è svolta il 19 maggio u.s. l’audizione informale dell’ANCE presso la Commissione Giustizia del Senato sui contenuti del disegno di legge recante “Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate” (DDL 2134/S e connessi).
Il Vice Presidente Vicario, Gabriele Buia, che ha guidato la delegazione associativa ha evidenziato in premessa- in continuità con quanto espresso in occasione dell’Audizione di aprile 2015 alla Camera dei Deputati sullo stesso tema – che, purriconoscendo la necessità di prevedere forme di supporto per le imprese confiscate e sequestrate, occorre tenere ben presente il rischio concreto che questa azione di tutela possa determinare un’alterazione della concorrenza, in un settore come l’edilizia. Nello specifico, è assolutamente necessario evitare che tali norme determinino una disparità di trattamento tra imprese che vada a danno di quelle sane, che hanno sempre agito nel rispetto delle regole e che, peraltro, hanno pesantemente subito la concorrenza sleale delle imprese malavitose, in un contesto già fortemente compromesso dalla crisi economica.
L’azione di tutela delle imprese confiscate e sequestrate deve, quindi, offrire un quadro regolatorio certo e trasparente, che sappia, allo stesso tempo, affermare la presenza dello Stato sul territorio come alternativa alla “gestione malavitosa”, e sostenere lo sviluppo dell’intero sistema economico. In altri termini, la gestione dell’impresa sequestrata o confiscata, da parte dell’amministrazione giudiziaria, deve essere un’attività temporanea, limitata al tempo necessario per il ritorno in bonis dell’impresa, per il successivo affidamento, tramite procedure ad evidenza pubblica, a soggetti imprenditoriali in grado di proseguire la gestione delle aziende e di salvaguardare posti di lavoro.
Ha, inoltre, evidenziato che rispetto ai testi discussi in prima lettura alla Camera, il legislatore ha introdotto importanti correzioni che hanno limitato la portata degli effetti sul mercato delle misure agevolative inizialmente previste per le imprese sequestrate e confiscate. Si tratta, in particolare, dell’eliminazione dal testo del DDL del privilegio nei contratti di appalto previsto, a parità di condizioni, per le imprese sequestrate o confiscate o per le cooperative che le hanno rilevate, al fine di creare opportunità per i lavoratori.
Il Vice Presidente si è, poi, soffermato sugli ulteriori aspetti positivi del provvedimento in grado di facilitare il processo di valorizzazione dei patrimonio sequestrato e confiscato alle mafie.
L’ANCE, infatti, ritiene estremamente importante l’analisi approfondita delle possibilità di concreta prosecuzione o ripresa dell’attività aziendale, prevista all’art.14 del DDL nell’ambito di una relazione aggiuntiva a cura dell’amministrazione giudiziario. In particolare è strategico comprendere il legame tra l’imprenditore, rispetto al quale siano state adottate misure di prevenzione patrimoniale, e l’impresa. Questo è ancor più vero in settori, come quello delle costruzioni, in cui il successo dell’impresa è indissolubile dalle capacità tecniche e imprenditoriali dell’imprenditore. Al riguardo, ha evidenziato che le costruzioni sono caratterizzate da un’elevata frammentazione. Basti considerare che le imprese con meno di dieci addetti rappresentano il 95,9% del totale e, in particolare, le imprese con un solo addetto rappresentano il 59,2% del totale.
In proposito, nella fase di valutazione delle concrete possibilità di prosecuzione dell’attività aziendale, l’ANCE offre la propria disponibilità a collaborare, fin dalle prime fasi del sequestro, con l’amministratore giudiziario e l’Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati, per una più efficace definizione del processo di reinserimento dell’impresa nell’economia, in considerazione delle dinamiche e delle peculiarità che caratterizzano il settore delle costruzioni.
Un ulteriore elemento positivo è rappresentato dalla possibilità, prevista all’articolo 16, che l’amministratore giudiziario possa avvalersi, a titolo gratuito, di imprenditori attivi nello stesso settore in cui opera l’azienda sequestrata e confiscata.
Inoltre, l’esplicito riferimento – come richiesto dall’ANCE nel corso dell’esame alla Camera – a procedure ad evidenza pubblica per la scelta dell’imprenditore privato che dopo 18 mesi potrà godere del diritto di prelazione, costituisce una garanzia del rispetto dei principi enunciati dalla norma di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità.
Ha, altresì, evidenziato il principio delega, previsto all’art. 29 che prevede l’estensione dell’applicazione della riduzione dell’aliquota contributiva e assistenziale a tutti i datori di lavoro che assumano, con contratto a tempo indeterminato, lavoratori delle aziende sottoposte a sequestro o confisca (agevolazione inizialmente limitata alle sole imprese sequestrate e confiscate).
Il Vice Presidente è passato, quindi, ad illustrare alcune criticità rispetto alle quali l’ANCE chiede al legislatore una riflessione.
Ha, in particolare, evidenziato l’art. 15 del DDL, peraltro già legge perché inserito nella Legge di Stabilità per il 2016, che destina 10 milioni di euro annui per il triennio 2016, 2017 e 2018 per favorire la continuità aziendale, attraverso la costituzione di apposite sezioni del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (3 milioni di euro annui) e del Fondo per la crescita sostenibile (7 milioni di euro annui) a favore delle imprese sequestrate e confiscate. Al riguardo, l’ANCE condivide l’obiettivo della disposizione, volta a favorire la continuità aziendale e a salvaguardare l’occupazione dei lavoratori irregolarmente impiegati nelle aziende sottoposte a sequestro o confisca, ma ritiene necessario, al fine di garantire una regolare concorrenza tra le imprese secondo principi di equità, estendere l’applicazione di tali misure anche alle imprese regolari che acquistano o affittano l’azienda in questione.
Ha, altresì, sottolineato, per le loro possibili conseguenze sul regolare funzionamento del mercato, alcuni principi richiamati nella delega prevista all’art. 29 che dovranno essere recepiti dall’Esecutivo in appositi strumenti normativi, tra cui l’attribuzione delrating di legalità alle aziende sequestrate e confiscate a prescindere dai limiti minimi di fatturato previsti da quest’ultima(pari a due milioni di euro) e mediante una semplificazione della relativa procedura. Tale scelta, infatti, determinerebbe un’alterazione della concorrenza per quelle imprese che a causa del limite del fatturato non hanno accesso a tale strumento. Inoltre, non si capisce quali procedure semplificatorie possano garantire lo stesso accertamento degli standard di legalità adottati dalle imprese.
Ha, inoltre, rilevato, con preoccupazione, la possibilità di una possibile riduzione, compatibilmente con la normativa dell’Unione Europea, dell’imposta sul valore aggiunto rispetto all’aliquota prevista, per chiunque usufruisca di lavori, servizi o forniture erogate dalle aziende sottoposte a sequestro o confisca fino alla loro destinazione o alla loro vendita, nonché l’attribuzione di un titolo preferenziale, nell’assegnazione dei contributi e degli incentivi previsti dalla legge, in favore delle cooperative costituite da dipendenti delle aziende sequestrate e confiscate.
Si è, poi, soffermato sulla disposizione introdotta all’art. 26, in ordine alla quale l’ANCE pur condividendo la necessità di un rigoroso contrasto a tutte le attività di intermediazione illecita di manodopera e di lotta al caporalato, fenomeni che, oltre a rappresentare una piaga sociale, alterano la leale concorrenza a danno delle imprese regolari, ne ravvisa una criticità.
La predetta norma, infatti, introduce una disposizione che stabilisce che, “in caso di condanna o di applicazione della pena per intermediazione illecita e sfruttamento di manodopera, è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato nonché delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persona estranea”. Al riguardo, l’utilizzo del termine “cose che servirono o furono destinate a commettere il reato nonché cose che ne sono il prezzo, il prodotto o il profitto”, è eccessivamente generico per poterne comprendere i riflessi con riferimento al settore dell’edilizia.
Le singole attività edili sono, infatti, strettamente connesse tra di loro e funzionali alla realizzazione dell’opera nel suo complesso. Occorrerebbe, quindi, con specifico riferimento alle opere edili, precisare che la confisca di dette cose, che ne sono il prezzo, il prodotto o il profitto, non operi, non solo qualora esse appartengano a persona estranea, ma anche qualora le stesse non siano ormai più individuabili in modo indipendente, in quanto assorbite nell’opera complessiva.
In conclusione ha evidenziato la disposizione prevista all’art.1 del DDL che prevede l’estensione delle misure di prevenzione personali (sorveglianza speciali, obbligo e divieto di soggiorno, ecc.) e patrimoniali (sequestro e confisca) agli indiziati di tutti i principali reati contro la pubblica amministrazione, dalla corruzione alla concussione, passando per il peculato e l’induzione indebita.
L’estensione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali in presenza di generici indizi di reati contro la PA appare eccessivamente penalizzante per chi, nell’esercizio della propria attività, opera con le amministrazioni pubbliche e può incorrere in indagini su fatti corruttivi, salvo poi dimostrare la propria completa estraneità.
E’ opportuno, quindi, fatto salvo il rispetto delle disposizioni legislative relative alla responsabilità dell’impresa nei confronti della PA (D.Lgs 231/2001), che tale disposizione rientri nell’ambito di procedimenti giudiziari riconducibili a organizzazioni criminali di stampo mafioso. In questo modo si risponde all’esigenze di contrastare le mafie che, accanto alle tradizionali attività di controllo del territorio (pizzo, ciclo del cemento, ecc…), hanno sviluppato un vero e proprio sistema di corruzione diffusa attraverso il quale si insinuano, sempre più, nei processi politici e amministrativi. (Edilizia e Territorio)