Ance e Anci: semplificare le procedure per far ripartire i cantieri
Sbloccare le opere utili per il Paese. Questo l’obiettivo del documento Ance-Anci, presentato oggi nella sede dell’Associazione nazionale costruttori, con 10 proposte di riforma del Codice degli appalti.
Semplificare le norme e le procedure che costituiscono un freno per il rilancio delle infrastrutture e di tutte le opere piccole e medie di cui il Paese ha bisogno per tornare a crescere è la priorità per imprese e comuni, che hanno deciso di lavorare a un progetto organico di revisione della normativa sugli appalti.
Che il sistema dei lavori pubblici in Italia abbia gravi problemi di funzionamento lo si evince chiaramente anche dal lavoro di ricognizione che sta facendo in questi mesi Ance con il sito sbloccacantieri, di cui peraltro oggi è stata presentata la nuova versione grafica.
Sono 270 le segnalazioni finora arrivate di cantieri in stallo per un valore complessivo di 21 miliardi di euro. La gran parte delle quali sono scuole, ma anche strade, ponti e grandi arterie autostradali necessarie per rendere competitivo il Paese.
“Anche se le risorse ci sono perché non riusciamo a far partire i cantieri? Perché ci sono delle procedure eccessivamente complesse che poi determinano una situazione di ingessatura”, ha dichiarato il vicepresidente Edoardo Bianchi che insieme al Sindaco di Cosenza, Mario Occhiuto, delegato Anci per Urbanistica e Lavori pubblici, ha illustrato i contenuti del documento.
Proposte sulle quali si è registrata anche una grande convergenza da parte delle stazioni appaltanti presenti, a cominciare da Anas, concordi sulla necessità di portare a termine al più presto un percorso di revisione del Codice appalti necessario per ridare efficienza e trasparenza al sistema.
Proposte in 10 punti:
- Prevedere un’unica fonte regolamentare per l’attuazione del Codice appalti, abrogando tutti i provvedimenti attuativi ed eliminando il potere normativo dell’Anticorruzione (Linee guida). Ance e Anci ci tengono però a ribadire che questo non significa eliminare le funzioni dell’Anac in materia di vigilanza e controllo sugli appalti, e di deflazione del contenzioso. «L’Anac – scrivono – deve mantenere il suo presidio forte a garanzia della legalità e la lotta alla corruzione nel settore degli appalti pubblici». «E siamo favorevoli – aggiunge a Radiocor Plus il vice-presidente Ance Edoardo Bianchi (nella foto) – a rafforzare il pre-contenzioso da parte dell’Anac, per semplificare e accelerare la soluzione delle liti emerse in sede di gara o tra imprese e stazioni appaltanti».
- Semplificazione per i piccoli Comuni e loro aggregazioni. Ance e Anci chiedono in sostanza deroghe agli obiettivi posti dal Codice per le stazioni appaltanti, rivelatisi troppo ambiziosi per i piccoli Comuni. Si chiede dunque di attenuare i requisiti professionali richiesti per l’individuazione e la nomina del RUP (responsabile procedimento), quali anzianità di servizio e obbligo che sia dipendente di ruolo; semplificazioni per la procedura negoziata (trattativa privata); fino a 1 milione di euro la possibilità di nominare commissari interni.
- Qualificazione stazioni appaltanti, regole più morbide. Qualificare di diritto (senza verifiche) le Città Metropolitane e le Province; consentire a stazioni appaltanti e centrali di committenza di qualificarsi anche per una sola delle fasi dell’appalto: a) programmazione e progettazione, b) affidamento, c) verifica e esecuzione del contratto. L’obiettivo, spiega il documento Ance-Anci, è «una regolazione che valorizzi le aggregazioni già esistenti», Unioni di Comuni e centrali di committenza tra enti locali. Il presidente dell’Anac Cantone ha chiesto invece nella sua relazione la rapida emanazione del decreto sulla qualificazione delle stazioni appaltanti, che mantiene standard più elevati per tutti e obbliga Comuni (piccoli ma anche grandi) a delegare a soggetti aggregatori il ruolo di stazione appaltante se non si possiedono i requisiti organizzativi previsti dal decreto (mai emanato) in relazione alle diverse tipologie di appalto (dimensioni e complessità).
- Piattaforme di e-procurement, accelerare la definizione delle regole tecniche. Si chiede anche qui più flessibilità, cioè la possibilità di Comuni e soggetti aggregatori locali di qualificarsi autonomamente con proprie piattaforme elettroniche di negoziazione (l’obbligo scatta il 18 ottobre prossimo).
- Ritorno all’appalto integrato. Una delle principali novità del Codice 2016 era l’obbligo di mandare senpre in gara i lavori sulla base del progetto esecutivo, come nella legge Merloni 1994 post-Tangentopoli, per ridurre il contenzioso post-gara e le varianti. Anci e Ance raccontano però di difficoltà, sempre soprattutto dei piccoli Comuni, nel fare le progettazioni, e chiedono dunque di tornare all’appalto integrato “libero”, cioè «prevedere che le stazioni appaltanti possano ricorrere all’affidamento alle imprese della progettazione esecutiva e dell’esecuzione di lavori sulla base del progetto definitivo», munito di pareri e autorizzazioni.
- Limiti all’offerta economicamente più vantaggiosa e parziale ritorno al “massimo ribasso”. Uno degli altri “nemici” dichiarati con il Codice appalti 2016 erano i maxi-ribassi nelle gare (con conseguente contenzioso in corso d’opera) e la valutazione in gara senza badare alla qualità delle offerte. Da qui il divieto di gare al massimo ribasso per lavori sopra i 2 milioni di euro. Tuttavia secondo Ance e Anci la valutazione con criteri qualitativi per (quasi) tutte le gare si è rivelata troppo complessa, soprattutto anche in questo caso per i piccoli Comuni, «una delle cause di maggior blocco delle gare per la realizzazione di opere pubbliche, in quanto legate a una specializzazione e qualificazione delle stazioni uniche appaltanti ancora inattuata». La proposta è dunque di alzare fino alla soglia Ue (5,548 milioni di euro) le gare al massimo ribasso, consentendo «l’utilizzo del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa solo in presenza di complessità tecnica dell’appalto».
- Semplificazioni nel subappalto. La disciplina vigente in materia di subappalto – spiegano costruttori e Comuni – sta rallentando lo svolgimento delle gare in quanto prevede che per gli appalti superiori alla soglia comunitaria, in sede di gara, l’operatore economico partecipante indichi una terna di subappaltatori. Si chiede dunque di eliminare tale obbligo, al limite mantenendolo solo a carico dell’impresa aggiudicataria, prima della firma del contratto. Nulla si dice invece sul limite massimo del 30% ai subappalti, introdotto dal Codice, contro il, quale l’Ance ha avviato da tempo una causa presso le istituzioni europee, arrivata fino alla soglia della sentenza finale della Corte di Giustizia Ue.
- Accelerare la definizione del contenzioso negli appalti. Il documento Ance-Anci precisa – cifre del Consiglio di Stato alla mano – che il fenomeno dei ricorsi alla giustizia amministrativa riguarda soprattutto le grandi opere (solo il 3% dei casi sul totale delle gare di lavori). Si propone comunque – per le opere “prioritarie” (grandi o piccole) di estendere la norma di legge obiettivo che frena le misure cautelari dei giudici, poi di rafforzare le sezioni dei tribunali specializzate per le imprese, o ancora meglio di eliminare il giudizio cautelare fissando giudizi semplificati entro 30 giorni in materia di appalti. E poi: disincentivare i ricorsi “temerari” (con penalizzazioni per i ricorrenti), potenziare il pre-contenzioso in capo all’Anac e l’istituto dell’accordo bonario.
- Servizi di architettura e ingegneria, alzare a 209mila euro la soglia per le procedure negoziate. Mentre per i servizi e le forniture, in generale, il tetto massimo pe gli affidamenti a “trattativa privata” è di 209mila euro, per i servizi di architettura e ingegneria il tetto è stato abbassato a 100mila euro. Ance e Anci propongono di uniformare tale soglia a quella generale di 20mila euro.
- Procedure negoziate sottoglia, articolate proposte Ance-Anci che eliminano la possibilità di sorteggio “tout court” sotto 1 milione di euro e consentono (oggi è vietato) favorire le imprese locali negli inviti, fino a 500mila euro.
Eccole: per i lavori fino a 40mila euro, favorire l’affidamento diretto; 40mila-150mila euro, il Rup sceglie liberamente gli invitati, anche attraverso criteri che favoriscono l’imprenditoria locale, sempre nel rispetto del principio di rotazione degli inviti; 150mila-500mila euro, il Rup utilizza un meccanismo di “sorteggio pubblico qualificato”, che preveda di riservare il 50% degli inviti alle imprese “locali” idoneamente qualificate e che hanno manifestato interesse, e il restante 50% a tutte le altre imprese che hanno manifestato interesse, sempre idoneamente qualificate; 500mila-1 milione di euro, procedura aperta e procedura negoziata con indagine di mercato e obbligo per la stazione appaltante di invitare tutti i soggetti idoneamente qualificati che hanno manifestato interesse – in entrambi i casi – con semplificazioni procedurali(gara con metodo antiturbativa, solo con l’offerta, verifiche a “campione” in gara e verifica dei requisiti solo per l’aggiudicatario come previsto dall’articolo 36 comma 5 del Codice)
Fonte: Edilizia e Territorio – Sole24ore / Ance