ANAC: nelle gare ASMEL, è illegittimo l’addebito dei costi di gestione della piattaforma on line

Con la delibera n. 780 del 4/9/2019, l’ANAC ha reso noti gli esiti degli accertamenti ispettivi eseguiti dal Nucleo Speciale Anticorruzione della Guardia di Finanza e dai propri Uffici di Vigilanza nell’ambito di un’apposita indagine promossa dall’Autorità sull’attività contrattuale svolta da ASMEL (rectius: ASMEL Consortile S.c.a.r.l.).
Le risultanze di tale attività ispettiva hanno consentito l’emersione di diverse anomalie relative ad una pluralità di aspetti del modus operandi di ASMEL.
 
In particolare, significativi elementi sono stati acquisiti in relazione alla problematica degli illegittimi oneri economici (inizialmente corrisposti nella misura dell’1,5% dell’importo a base di gara, secondo quanto riferito dall’ANAC) posti a carico degli aggiudicatari delle gare espletate per mezzo della piattaforma di e-procurement gestita da ASMEL, Asmecomm.
Innanzitutto, l’ANAC ha rimarcato il pregresso impegno di ASMEL a ridurre la misura percentuale del contributo, dall’originario 1,5% dell’importo a base di gara, all’1%.
Tuttavia, la stessa Autorità di vigilanza ha immediatamente evidenziato che la parziale riduzione dell’ammontare “dell’illegittimo contributo posto in capo all’aggiudicatario” non possa essere di per sé idonea a sanarne l’illegittimità.
Pertanto, nota l’ANAC, ASMEL si era ulteriormente impegnata (a seguito di un pregresso procedimento di vigilanza) a rendere disponibile “in forma totalmente gratuita” l’utilizzo della piattaforma telematica per le Stazioni Appaltanti (anche diverse dai propri soci), senza nulla disporre in ordine ai costi del servizio imputabili agli aggiudicatari.
A tal riguardo, allora, l’Autorità ha effettuato un’analisi di diversi e recenti bandi di gara riferibili ad alcuni Comuni aderenti alla predetta piattaforma online, dalla quale – nonostante l’evidenziato intento, da parte di ASMEL, di conformarsi al dettato dell’art. 41, comma 2 bis, d.lgs. n. 50/2016 – “si è potuto rilevare che la clausola contemplante l’obbligo in capo all’aggiudicatario di pagamento del 1% forfettario dei costi della gara continua a persistere”.
 
I risultati di tali accertamenti – seppur realizzati “a macchia di leopardo” – costituirebbero, ad avviso dell’ANAC, segnali di una tendenza ben più generale da parte di ASMEL, vòlta ad addebitare in via ordinaria agli aggiudicatari gli oneri economici in esame.
A tal proposito, l’Autorità rileva che – anche ammettendo che tale anomalia sia il frutto della negligenza di alcuni Comuni associati, non informatisi sul presunto “cambiamento di rotta” da parte di ASMEL circa la richiesta dei costi di gara agli aggiudicatari– tale pretesa “in assenza di espressa previsione di legge, nazionale o regionale, non può in alcun caso giustificarsi, sia pure se finalizzata a fornire alla stazione appaltante un rimborso, anche in via forfettaria, delle spese di gestione”.
E, comunque – sancisce l’ANAC –,  anche ammettendo che la responsabilità di tali addebiti sia da attribuire ai Comuni consorziati, “dovrebbe essere la stessa Associazione a vigilare affinché i bandi di gara dei propri associati siano conformi al dettato normativo che non prevede, in maniera assoluta, tale modalità di attribuzione delle spese di gara a carico dell’aggiudicatario”.
 
Peraltro, prosegue l’Autorità, lo stesso parametro di calcolo del contributo (misura percentuale fissa sull’importo a base d’asta) appare “oggettivamente irrazionale e incongruo, in quanto non coerente con l’obiettivo di recuperare i costi sostenuti per l’utilizzo della piattaforma telematica. Pertanto, venendo meno il rapporto di corrispettività, viene snaturato il fine di mero “rimborso dei costi sostenuti”.
Da ciò consegue, quindi, che tale onere appare privo di giustificazione causale e, in assenza di un’espressa previsione normativa, potrebbe configurarsi sul piano civilistico come “indebito arricchimento”.
 
Inoltre – sostiene sul punto l’ANAC –, l’obbligo di corresponsione di un contributo percepito come illegittimo dagli stessi operatori economici rischierebbe di ingenerare anche un effetto anticoncorrenziale (in pieno contrasto con il principio del favor alla più ampia partecipazione alle procedure di gara), dato dal possibile rifiuto dell’aggiudicatario a corrisponderne l’importo, così comportando quello che la stessa ANAC definisce rifiuto all’aggiudicazione.
 
Infine, l’Autorità conclude sul punto citando espressamente – a sostegno delle proprie conclusioni – l’ordinanza cautelare n. 328/2019 emessa dal TAR Lecce (e confermata, pure in sede cautelare, dall’ordinanza n. 3810/2019 della V Sezione del Consiglio di Stato), pronunciata a seguito di istanza presentata – congiuntamente a due imprese associate – da ANCE ed ANCE Lecce.
 
Con tale arresto, il Giudice amministrativo di prime cure ha rilevato l’illegittimità della clausola in esame in quanto contrastante sia con il citato art. 41, comma 2-bis, del Codice di settore, sia dell’art. 23 della Costituzione (ai sensi del quale ogni prestazione patrimoniale imposta deve trovare il proprio fondamento in un’espressa norma legislativa).
 
Le conclusioni raggiunte dall’Autorità di vigilanza nel provvedimento in commento rappresentano un’ulteriore conferma di quanto da sempre sostenuto da ANCE.
 
Del resto, l’Associazione, in questi ultimi anni, non ha mai smesso di sottoporre all’ANAC la valutazione in merito all’eventuale illegittimità del rimborso dei costi gestionali, svolgendo – tra l’altro –un’attività di segnalazione di bandi caratterizzati dalla presenza della clausola in commento.
Da ultimo, l’Autorità si è pronunciata, in senso positivo, con il parere n. 44206 del 3 Giugno u.s.
 
Ora, alla luce delle risultanze istruttorie e delle considerazioni sopra riportate, nella parte dispositiva del provvedimento in commento, l’ANAC denuncia chiaramente il “persistere dell’aggiramento del divieto di cui all’art. 41, comma 2-bis, del d.lgs. n. 50/2016 da parte di alcune stazioni appaltanti che si avvalgono di ASMEL, secondo cui non è consentito porre a carico dei concorrenti, nonché degli aggiudicatari, i costi connessi alla gestione di piattaforme telematiche”.
 
Circa gli ulteriori aspetti critici toccati dalla delibera in commento, a seguito degli accertamenti operati dalla Guardia di Finanza e dai propri Uffici di Vigilanza, l’Autorità ha rilevato:
 
1. anomalie in relazione ai contratti di locazione passiva a beneficio delle diverse strutture dell’Associazione, i quali appaiono essere stati stipulati senza alcun previo confronto concorrenziale – al quale, invece, dovrebbe attenersi qualunque soggetto che svolga funzioni pubbliche –. Peraltro, sembrerebbe che tali contratti siano stati sottoscritti con controparti locatrici aventi legami di dipendenza o familiari con la stessa struttura associativa facente capo alle diverse strutture componenti l’Associazione consortile;
2. anomalie relative all’affidamento dei contratti di servizi informatici destinati al funzionamento della piattaforma di e-procurement, in quanto, anche in tal caso, ASMEL avrebbe omesso ogni procedura competitiva, procedendo, piuttosto, ad affidamenti diretti;
3.  mancato rispetto dei principi di trasparenza, pubblicità ed imparzialità per il reclutamento del personale alle dipendenze dell’Associazione;
4. l’affidamento ad ASMEL – da parte dei Comuni di Spadafora (ME) e di Quarto (NA) – di compiti e funzioni propri delle stazioni appaltanti, quali l’espletamento delle operazioni di gara, ivi comprese le valutazioni di offerte presentate e la nomina del RUP, oltre alla verifica dei requisiti di ordine generale dei partecipanti.
 
Infine, l’Autorità di vigilanza ha disposto, per possibili iniziative sul piano giudiziario, la trasmissione delle risultanze istruttorie anche alla Procura Generale della Corte dei Conti e a quella regionale della Lombardia, oltre alla Procura della Repubblica di Varese – la sede sociale di ASMEL, infatti, si trova a Gallarate (VA) –.