Suddivisione in lotti di un appalto: principio derogabile

Il principio della suddivisione in lotti di un appalto può essere derogato attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata ed è espressione della discrezionalità della Stazione Appaltante, sindacabile soltanto nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria, in ordine alla decisone di frazionare o meno un appalto “di grosse dimensioni” in lotti.

Lo ha chiarito il Consiglio di Stato con la sentenza n. 2044 del 3 aprile 2018 nella quale ha richiamato i dettami previsti dall’art. 51 del D.lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei contratti) per il quale la Stazione Appaltante, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, devono suddividere gli appalti in lotti funzionali ma possono anche non farlo motivando la scelta all’interno del bando di gara o nella lettera di invito.

I fatti

La sentenza riguarda il ricorso presentato per la riforma di una sentenza di primo grado con la quale erano stati annullati gli atti di una gara (bando, disciplinare, capitolato e ogni altro verbale di gara e/o provvedimento presupposto, connesso e/o consequenziale, compresi, per quanto occorrer possa, la determinazione a contrarre) in quanto secondo i giudici del TAR nell’affidamento di servizi eterogeni tra loro, le stazioni appaltanti devono procedere a gare separate, ovvero ad un’unica gara suddivisa in più lotti funzionali o prestazionali, conformemente al settore di lavori, servizi e forniture richiesti, al fine di garantire un adeguato livello di concorrenza, soprattutto tra piccole e medie imprese, che diversamente si vedrebbero estromesse in caso di accorpamento di prestazioni disomogenee.

Nel caso di specie, sussisteva una assoluta disomogeneità dei servizi oggetto della procedura di appalto, per cui in applicazione dei principi di libera concorrenza, non discriminazione, proporzionalità e favor partecipationis, la stazione appaltante avrebbe dovuto procedere all’affidamento con gare separate, trattandosi di prestazioni funzionalmente diverse tra loro, rispetto alle quali deve garantirsi l’apertura alla concorrenza e dunque l’economicità delle stesse nella misura più ampia possibile.

Il ricorso al Consiglio di Stato

La Stazione Appaltante ha contestato la correttezza di tale sentenza, deducendo tra i motivi di appello:

  • violazione, errata e/o falsa applicazione degli artt. 30, 51 e 81 d.lgs. n. 50-2016 e difetto di motivazione in relazione all’affermata disomogeneità dei servizi mandati in gara;
  • violazione, errata e/o falsa applicazione dell’art. 51 d.lgs. n. 50-2016, anche in relazione al considerando n. 78 della direttiva 2014/24/UE, travisamento dei fatti e difetto di motivazione, per mancato assolvimento, da parte dell’Amministrazione comunale, dell’onere motivazionale posto dall’art. 51, comma 1, d.lgs. n. 50-2016.

Il giudizio di Palazzo Spada

Basandosi sull’“assoluta disomogeneità” dei servizi oggetto di affidamento unitario, il TAR ha affermato la necessità di un’unica gara suddivisa in lotti, al fine di garantire l’accesso alla selezione da parte delle micro-imprese, piccole e medie imprese, le quali, “diversamente, si vedrebbero estromesse in caso di accorpamento di prestazioni disomogenee”, alla luce della disciplina normativa di cui agli artt. 30, 51 e 81 d.lgs. n. 50-2016.

Nel caso di specie, però, i Giudici di Palazzo Spada hanno escluso che la disciplina di gara contestata possa produrre effetti restrittivi della concorrenza in danno alle micro-piccole e medie imprese, stante il valore economico oggettivamente modesto dell’appalto (€ 344.265,00 nel triennio).

Pur essendo vero che l’art. 51 del D.lgs. n. 50/2016 ha mantenuto il principio della suddivisione in lotti, al fine di favorire l’accesso delle microimprese, piccole e medie imprese alle gare pubbliche, il principio non risulta posto in termini assoluti ed inderogabili, giacché il medesimo art. 51, comma 1, secondo periodo afferma che “le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell’appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito o nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139”.

Il principio della suddivisione in lotti può dunque essere derogato, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata ed è espressione di scelta discrezionale, sindacabile soltanto nei limiti della ragionevolezza e proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria, in ordine alla decisone di frazionare o meno un appalto “di grosse dimensioni” in lotti, mentre, come detto, l’appalto in esame non è di elevato importo economico e la scelta della Stazione Appaltante è stata motivata in modo del tutto ragionevole e, perciò, sottratta al sindacato del giudice di legittimità, non ravvisandosi manifesta illogicità, irragionevolezza o arbitrarietà nel tenore della medesima.

Ad avviso del Consiglio di Stato, la scelta di non frazionare l’appalto in lotti, nel caso in cui l’unitarietà sia imposta dall’oggetto dell’appalto e dalle modalità esecutive scaturenti dalla situazione materiale e giuridica dei luoghi entro cui operare, può ritenersi ragionevole e non illogica o arbitraria: non può sottacersi infatti, sotto altro concorrente profilo, che le attività prestazionali oggetto dei servizi non esigono specializzazioni, né qualifiche particolari che impongano, giustificano o rendano anche solo opportuna una suddivisione in lotti.

A cura di Redazione LavoriPubblici.it